L’apprendimento può essere divertente

Di Terry Bruno, psicoterapeuta e formatrice PNL
Pubblicato su “Tuttoscuola”, Ottobre 2003, n. 435

Quando si entra in un’aula scolastica il primo obiettivo è quello d’imparare o, per meglio dire, di apprendere.
Sino a qualche tempo fa per apprendimento s’intendeva un modo per incamerare passivamente nozioni, per poi liberarsene al momento dell’interrogazione o dell’esame finale. Un docente non faceva altro, quindi, che impartire le lezioni, mentre lo studente le recepiva, e poi verificarne la preparazione con domande o prove scritte. Tutto questo, spesso, veniva effettuato senza tenere molto in considerazione le attitudini specifiche, le motivazioni e i ritmi di ciascun ragazzo.
Gli alunni, di conseguenza, studiavano al fine dell’interrogazione e della promozione, senza porre molto interesse a ciò che facevano.
Attualmente si è, però, concordi nel considerare lo studente il protagonista del processo di apprendimento, in modo da avere un ruolo attivo e non più passivo.
L’apprendimento, infatti, non deve essere più considerato solamente un processo cognitivo, ma un percorso per aumentare le proprie competenze, le proprie abilità operative, indispensabili per porre le basi per la propria personalità e individualità, quindi: SAPERE, SAPER FARE, SAPER ESSERE.
Per questo giocano un ruolo fondamentale le interazioni comunicative con gli altri, l’esplorazione dell’ambiente, la creatività.
Perché allora non cambiare modo di fare lezione?
Un metodo sarebbe, invece che esporre semplicemente gli argomenti trattati, quello di porre domande in modo da “stuzzicare” la curiosità dei ragazzi che, a loro volta, possono fare domande all’insegnante (sempre inerenti all’argomento).
Nelle scuole in cui tale metodo è stato già sperimentato, gli scolari hanno mostrato molto interesse verso questo modo di fare lezione, raggiungendo gli stessi risultati che avrebbero ottenuto con i metodi tradizionali con la differenza di avere: una maggiore motivazione verso l’apprendimento, un maggior desiderio di sapere e di esplorare, il tutto in un clima più gioioso e distensivo.

Il metodo creativo d’insegnamento serve a stimolare il fluire libero d’idee, di nuovi ragionamenti, anche se alcune volte arditi. Esso ha tre valenze fondamentali:

  • intellettuale, cioè la capacità di produrre idee;
  • motivazionale, cioè farsi venire in mente qualcosa che viene, poi, articolato in idee;
  • emozionale, cioè il coraggio di pensare in modo diverso e, quindi, esporsi al rischio.

L’attitudine alla creatività e alla libertà di pensiero sono molto importanti nella scuola media superiore, in quanto i ragazzi devono affrontare il mondo del lavoro, in cui la flessibilità risulta essere al mondo d’oggi indispensabile. E come ottenere la flessibilità se non dall’imparare a vedere le cose in modo diverso grazie allo sviluppo della propria creatività e libertà d’idee?
Ma affinché ciò sia possibile bisogna iniziare già in tenera età, sin dalla scuola elementare.
Parliamo di creatività quando i ragazzi manifestano ingegnosità, riconoscono connessioni che normalmente non sono percepite o propongono soluzioni insolite di problemi.
Sono le esperienze scolastiche significative che lasciano, nella personalità di un ragazzo, un’impronta che può perdurare per tutta la vita. Infatti, le menti brillanti creative sono il risultato di un’adeguata impostazione didattica.
Secondo Cropley, quando l’insegnante stimola lo scolaro al pensiero laterale sta promuovendo la creatività. Secondo la teoria del pensiero laterale, quando una persona è impegnata in un compito, il suo inconscio lavora per trovare una soluzione creativa allo stesso compito.
Edward De Bono scrive: “Il pensiero laterale è la capacità di cambiare di schema, di vedere le cose in maniera diversa”.
Il pensiero laterale è la controfaccia del pensiero verticale o logico, che noi occidentali utilizziamo. Ma essi non sono in antitesi l’uno contro l’altro, non si elidono, ma si completano.
Oggi il migliore dizionario inglese, l’Oxford english dictionary, include come voce il pensiero laterale definendolo: “cercare di risolvere i problemi con metodi non ortodossi o apparentemente illogici”, in cui la parola chiave è proprio “apparentemente”.

Nel momento in cui uno scolaro presenta un compito o un disegno, che va al di là di ciò che l’insegnante ha richiesto, sarebbe opportuno avere un atteggiamento incoraggiante:

  • chiedergli come sia arrivato a quell’idea;
  • elogiarlo per la trovata;
  • incoraggiarlo ad approfondire l’argomento in modo da poter migliorare il proprio compito o disegno;
  • mostrare agli altri compagni il lavoro, chiedendo se anche qualcuno di loro, a sua volta, abbia avuto qualche altra idea.

Qual è l’obiettivo di tale comportamento?
Si offre al ragazzo la possibilità di riflettere sul miglioramento delle sue prestazioni e si ha un aumento della sua autostima in quanto egli non svilupperà la paura di essere diverso dagli altri e di nascondere ciò che in lui può essere considerato insolito. I compagni, inoltre, hanno potuto constatare che l’insegnante ha premiato l’idea libera e sono anch’essi incoraggiati a produrre nuove idee, in piena libertà e senza la paura di essere criticati.
Bisogna ricordare che alcuni bambini vivono sotto l’incubo di una forte motivazione al rendimento, altri si sentono sempre criticati e vivono nella costante paura di tale critica. In questo modo hanno con la scuola un rapporto angosciante. La conseguenza è una crescente incapacità ad aprirsi con possibile interruzione del ragionamento ed un ricorrere a schemi sempre più rigidi in quanto più sicuri ed esenti da critiche. Un’atmosfera didattica improntata sull’angoscia, sull’ansia, induce l’assunzione di schemi mentali rigidi che bloccano il pensiero creativo e, quindi, la flessibilità.
Importante è, allora, motivare. Già J. J. Rousseau parlava dell’importanza di creare un interesse, un bisogno, una motivazione, nel momento in cui doveva insegnare a leggere ad Emilio.
L’apprendimento non è altro che un processo attivo che coinvolge lo studente e, affinché egli s’impegni ad ascoltare e a fare ricerca, deve essere motivato.

Questo è necessario per poter rispondere ad una sua necessità. L’insegnamento creativo fornisce strategie di apprendimento per “imparare ad imparare”, portando:

  • alla gioia d’imparare;
  • a considerare l’errore una risorsa conoscitiva;
  • a motivare ad apprendere in gruppo;
  • a stimolare la curiosità che è insita in ogni bambino, con i suoi perché e le sue domande rivolte all’adulto.

È importante, nel nuovo modo di poter insegnare, promuovere nell’alunno il piacere di sperimentare, di conoscere le proprie capacità, abilità, in modo da accrescere la fiducia in se stesso ed avere un immagine positiva di sé.
Valorizzando l’allievo e creando un clima più distensivo e giocoso si può limitare la mortalità scolastica, la dispersione o la fuga dalla realtà, davanti alle frustrazioni. Basta ricordare che il successo rafforza la motivazione e crea successo, mentre l’insuccesso demotiva e crea insuccesso.
Bisogna fare in modo che la voglia di crescere, di affermarsi, di realizzarsi, insita in ogni individuo, venga stimolata e consolidata. Come Skinner dava molta importanza al rinforzo positivo per l’apprendimento, così i docenti dovrebbero fare nei confronti dei loro studenti, cioè vedere in positivo il loro agire, credere nelle loro capacità di apprendimento. E, come un saggio orientale diceva: «Se l’occhio non è bendato, il risultato è la vista».