Dai immagini alla tua memoria. Il processo di memorizzazione.

Di Terry Bruno, psicoterapeuta e formatrice PNL

La memoria sembra giochi brutti scherzi: si inizia a dimenticare molto in fretta perché dopo 24 ore si perde circa il 30% delle informazioni, dopo 48 ore il 50%, mentre dopo 5 giorni se ne va l’80%. Una vera tragedia!

Per aiutare il processo di memorizzazione è necessario che ci sia un coinvolgimento emozionale che avviene nel nostro cervello ad opera dell’amigdala. Non a caso quando un argomento ci appassiona e ci coinvolge a 360° noi siamo in grado di ricordarlo anche a distanza di tempo, ma se ciò che stiamo studiando o leggendo è per noi noioso e privo d’interesse, ecco che in breve tempo tutto ciò che abbiamo immagazzinato scompare come per magia.

Una volta immagazzinate, le informazioni si trovano, quindi, a vari livelli di memoria: c’è la memoria iconica, in cui sono conservate le immagini, e quella ecoica, per i suoni; quella a breve termine, a cui si associa quella di lavoro, cioè possono essere immagazzinate una piccola quantità di informazioni accessibili rapidamente (un numero di telefono, un indirizzo…) è come un contenitore temporaneo che al massimo immagazzina sette informazioni per volta (per esempio provate a memorizzare una sequenza numerica: se supera un certo numero di cifre sarà possibile memorizzarla solo raggruppandole e con un massimo di 7 gruppi)) e quella a lungo termine, cioè un magazzino di ricordi anche lontani nel tempo; una verbale per parole e concetti, ed una spaziale, per il proprio corpo ed uno spazio lontano; e tante altre sino ad arrivare alla metamemoria che è quella che valuta personalmente se stessa.
Ma bisogna ricordare che noi non abbiamo una memoria oggettiva, in quanto essa è il risultato della nostra percezione e di come sono state immagazzinate le informazioni. In genere la migliore memorizzazione è quella visiva. Numerose ricerche hanno dimostrato che noi memorizziamo il 10% di ciò che leggiamo, il 20% di quello che ascoltiamo, il 30% di ciò che vediamo, il 50% di quello che vediamo e ascoltiamo, il 70% di ciò che si discute con gli altri, l’80% di quello che abbiamo con una esperienza diretta, per poi arrivare al 95% di ciò che spieghiamo agli altri.
Un’esatta memoria avviene con l’uso di strategie cognitive come deduzioni, paragoni ed ipotesi.
Avere una buona memoria è molto importante, in quanto ci offre numerosi stimoli e informazioni per creare ed elaborare nuove idee.
Un modo efficace è allenare la memoria in modo creativo, ad esempio visualizzando mentalmente le informazioni che c’interessa ricordare.
Avviare il bambino sin da piccolo ad utilizzare tutti i sensi per migliorare la propria capacità di memorizzazione è uno degli obiettivi che ci si deve porre.
Einstein, ad esempio, non dava molto spazio alle parole che non avevano un ruolo di primo piano nel suo pensiero. Egli dichiarò che le scuole che frequentava davano più valore alle immagini e al pensiero non verbale.
Già a sette anni è possibile dividere i bambini in visualizzatori e verbalizzatori.

I primi hanno una maggiore capacità nell’usare l’occhio della mente per rafforzare la memoria e, quindi, a ricordare immagini e parole che suscitano facilmente altre immagini. I secondi, invece, sono più propensi a un ragionamento verbale ed elaborano in modo astratto e verbale. Ad esempio i visualizzatori leggendo un testo o un racconto riusciranno meglio a memorizzare la frase: “La bandiera europea ha stelle gialle su sfondo blu”, in quanto il colore delle stelle e la preposizione “su”, sono elementi concreti e facili da visualizzare.
I verbalizzatori, invece, ricorderanno più facilmente la frase: “La gente usa più lo zucchero del miele”, perché il concetto “usare di più” si presta poco ad essere visualizzato ma è la conseguenza di un’elaborazione astratta e verbale.
Per poter ricordare meglio le cose, una condizione fondamentale è quella di attivare il maggior numero di sensi (vista, udito, tatto, olfatto, gusto). Ad esempio se vogliamo ricordare meglio la parola “penna” è opportuno visualizzare la penna vedendone il colore, la lucentezza, il materiale, sentendone la consistenza (se liscia e tonda o liscia e sfaccettata), il profumo ecc. In questo modo si attivano milioni di neuroni che abbracciano una vasta area cerebrale e, quindi, è più facile il recupero del ricordo.
Se riusciamo a vedere l’oggetto o una formula in tridimensione sarà più facile ricordare. Ad esempio immaginiamo di voler ricordare una formula chimica o la tabellina del 9, quello che Tony Buzan, grande esperto di mnemotecnica, consiglia è di chiudere gli occhi dopo aver fissato distintamente, ad esempio, la formula, la si fa girare davanti a se stessi; la si guarda dal di sopra, dal di sotto; le si cambia il colore almeno tre volte; la si allontana, come se la si vedesse da grande distanza e poi la si riavvicina; la si rimpicciolisce e poi la si ingrandisce a dismisura; la si allunga e la si accorcia; la si fa sparire e poi riapparire.
Con questi movimenti reali si rende concreto qualcosa di completamente astratto.
In numerose scuole elementari degli Stati Uniti e Canadesi viene adottata moltissimo la visualizzazione nell’apprendimento. Questo può essere molto utile per quelle materie in cui la memorizzazione è preponderante. Facendo chiudere gli occhi ai bambini gli si possono far vivere, ad esempio, degli avvenimenti storici, con una descrizione particolareggiata che coinvolge tutti gli organi di senso.
Per trasformare i numeri in qualcosa di concreto bisogna associare il suono del loro nome con quello di una parola in rima: uno-pruno, due-bue; tre-re, ecc. per cui se si vuole ricordare una sequenza di numeri è più facile memorizzare le immagini di un pruno, un bue, un re e così via.
Insegnare, quindi, ai bambini o ai ragazzi a usare l’occhio della loro mente significa incoraggiare le capacità naturali d’apprendimento.
Noi possiamo utilizzare l’immaginazione mentale per migliorare tutte le capacità: atletiche, scolastiche, artistiche, semplicemente immaginando di poter svolgere una particolare attività agendo nel modo migliore, coinvolgendo tutti i sensi, rendendola reale. Il cervello e il sistema nervoso centrale, infatti, non conoscono la differenza tra un’immagine profondamente incisa e un evento reale. Se riusciamo a imprimere profondamente un’immagine, l’effetto che si ottiene è efficace quanto quello reale.
Potenza delle immagini!