L’altra faccia dell’armonia: il bullismo

Di Terry Bruno, psicoerapeuta e formatrice PNL
Pubblicato su “Tuttoscuola”, Giugno 2007, n. 473

L’uomo è un essere sociale e, come tale, ha la necessità di relazionarsi con gli altri per crescere ed evolvere.
La scuola, in quanto ambiente sociale, risponde pienamente a questa esigenza dando, così, la possibilità di incominciare a far fronte a processi di adattamento/disadattamento dei bambini e dei ragazzi. Più essi si sentono a loro agio, più sarà facile per loro evolvere ed interagire.
È necessario, quindi, che s’instauri un clima di fiducia e di cooperazione in modo armonico e fluido e, affinché questo possa avvenire, è opportuno che ogni individuo conosca le proprie potenzialità, le proprie risorse fondamentali per poter affrontare gli impegni scolastici e la vita. Tutto questo non fa altro che agevolare il lavoro degli insegnanti.
I problemi nascono quando si manifestano situazioni in cui il bisogno inconscio di gestire in modo autonomo la propria vita e di vivere con disagio le sopraffazioni porta all’insorgenza di comportamenti prevaricatori, aggressivi, determinando un disagio che coinvolge la comunità scolastica e non solo.
Siamo di fronte al cosiddetto Bullismo un comportamento antisociale di origine antica e che ultimamente ha destato l’attenzione dei mass media, in modo preponderante, per i numerosi atti aggressivi e provocatori che si sono presentati in vari Istituti scolastici a livello nazionale.

“Bullismo” è la traduzione italiana letterale del termine inglese “Bullying” impiegato dai ricercatori per definire e connotare il fenomeno delle prepotenze, delle prevaricazioni psicologiche e fisiche tra pari in un contesto di gruppo. Come recentemente hanno evidenziato i mass media, il fenomeno del bullismo implica comportamenti aggressivi che possono sfociare anche in violenza fisica oltre che psicologica, e si manifesta in particolar modo nei contesti scolastici.

L’autore, in ambito internazionale, che più a lungo ha studiato il bullismo è stato lo psicologo norvegese Dan Olweus che condusse negli anni ‘70 le prime ricerche giungendo alla seguente definizione:

“Uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o più compagni. Un’azione viene definita offensiva quando una persona infligge intenzionalmente o arreca un danno o un disagio a un’altra”.

Questo fenomeno è una forma di aggressività tra pari che si distingue da un semplice litigio o discussione, per essere ripetuta e continua nel tempo ed effettuata dalle stesse persone sulle stesse vittime, tra cui vi è disparità psicologica o fisica.
Gli elementi che determinano l’azione di bullismo sono:

  • l’intenzionalità (intenzione di arrecare un danno all’altro);
  • la persistenza (continuità nel tempo);
  • il disequilibrio (relazione di tipo asimmetrico tra i partner, la vittima è in una situazione di impotenza);
  • la distinzione tra prevaricazioni dirette e indirette.

È opportuno fare una distinzione tra le prevaricazioni dirette e indirette. Le prime sono visibili e si esplicano con azioni e comportamenti aggressivi che possono essere fisici, come percosse o vere e proprie violenze nei casi più gravi, e verbali come le minacce e le offese. Le seconde si osservano con più difficoltà in quanto sono più subdole e tese a calunniare ed eliminare un elemento dal gruppo. Le prevaricazioni dirette, soprattutto fisiche, sembrano prevalere nei maschi. Quelle indirette prevalgono invece nelle femmine, ma non sono esclusi comportamenti violenti anche nelle ragazze.

La scuola è il luogo migliore per far crescere un tale fenomeno per vari motivi:

  • i ragazzi convivono nella stessa classe per periodi di tempo molto lunghi;
  • possono costruire ruoli e gerarchie, anche perché spesso non hanno la supervisione degli adulti, come nei bagni, in cortile, nel pulmino.

In base agli studi condotti sugli interpreti di questo duello si è evinto che il bullo riversa la sua aggressività, ostilità e irritabilità non solo verso i suoi coetanei ma anche verso gli adulti, sia genitori che insegnanti. Risulta, quindi, fondamentale che la scuola coinvolga attivamente tutti i ragazzi nel trattare questo argomento e li incoraggi a prestare maggiore attenzione al comportamento singolo di ogni compagno e ad intervenire quando assistono a soprusi ai danni di altri alunni.
Risulta importante che i genitori e gli insegnanti collaborino tra loro per la salvaguardia dei figli/alunni e proprio per questo è fondamentale che i genitori prendano coscienza che i propri figli possano mettere in atto dei comportamenti diversi a seconda degli ambienti in cui si trovano. Questo è utile per prevenire sorprese di diversi tipi di comportamento a casa e a scuola.

Da un punto di vista psicologico l’atteggiamento troppo aggressivo o troppo poco aggressivo di bambini o adolescenti hanno cause comuni, legate a processi infantili non adeguatamente sviluppati, a dinamiche familiari negative e condizionanti, a situazioni emotive non risolte. Il risultato è una fragilità del proprio Io, caratterizzata da una continua tensione, frustrazione, insoddisfazione con un senso di vuoto che sfocia da una parte in un atteggiamento aggressivo, violento, antisociale e dall’altra, introversione, isolamento, disturbi alimentari (anoressia, bulimia).

Ma cosa si può fare a scuola?
Promuovere un armonico sviluppo della personalità del bambino/ragazzo aumentando e valorizzando:

  • la fiducia nelle proprie capacità e risorse,
  • l’autostima,
  • la relazionalità,
  • la coesione di gruppo,
  • la capacità di autoregolazione delle emozioni.

A tale proposito si possono utilizzare varie tecniche come: il circle time (per esplorare ed ascoltare i vissuti emotivi dei bambini, attraverso le conversazioni guidate); role play (per migliorare le abilità comunicative e relazionali); giochi di gruppo (per la conoscenza delle proprie emozioni, migliorare la propria autostima e creare una coesione tra i vari componenti del gruppo); racconti (per far passare messaggi in modo indiretto in seguito all’identificazione del soggetto con il protagonista della storia –metafora–).

Il bullismo esiste e non si può ignorarlo. Conoscerlo e avere la consapevolezza delle sue dinamiche permette di combatterlo ma, essenzialmente, di prevenirlo realizzando dei programmi d’intervento che portino alla gestione non solo dei conflitti ma alla costruzione di una identità più forte e strutturata in grado di affrontare i possibili ostacoli che si possono presentare lungo il faticoso e affascinante cammino della vita.