Di Terry Bruno, psicoterapeuta e formatrice PNL
Pubblicato su “Tuttoscuola”, Gennaio 2008, n. 478, Anno XXXIV
La nostra società è in continua evoluzione e spesso non riusciamo a starne al passo. Questo mutamento è reso palese dall’osservazione del comportamento giovanile. I preadolescenti e gli adolescenti nella loro identità sono cambiati nel corso degli anni a causa della cultura dei “mass media”, della “società di massa”, della “società dei consumi”, della crisi della famiglia e della scuola. A tutto questo dobbiamo aggiungere anche un cambiamento dei valori sociali: l’autonomia, la trasgressione, l’amicizia…, e dello stile di vita: una dipendenza sempre più lunga dalla famiglia e una passività o meglio demotivazione verso un futuro da costruire, con conseguente malessere e insicurezza. Questo si traduce in un disagio sociale che ha varie forme di espressione: ribellione, autolesionismo (esempio: problemi con il cibo), sfide (con i motori, automobili…), resistenza all’impegno, indifferenza alla cultura.
Ma cosa c’è alla base di questi comportamenti?
Rabbia, tensione, insofferenza, ansia, emozioni che investono impetuosamente la famiglia, la società, la scuola.
Ciò che apparentemente sembra complicare il nostro vivere quotidiano è l’interculturalità, un aspetto ormai acquisito nella società ma ancora oggetto di continue discussioni e problematiche.
La scuola, in quanto apparato di socializzazione, non può ignorare tale disagio e deve essere in grado di affrontarlo dal punto di vista psicologico, sociologico e pedagogico. I tre aspetti si integrano tra loro come la tela di un ragno: mentre la psicologia identifica i vari tipi di disagio e la sociologia ne legge le radici e le dinamiche sociali, la pedagogia permette il passaggio dalla teoria alla pratica con atteggiamenti utili alla risoluzione dei problemi.
La scuola rappresenta per i ragazzi un’esperienza fondamentale che struttura e influenza l’identità personale e i comportamenti da utilizzare per il raggiungimento dei propri obiettivi.
Il disagio giovanile nella scuola appare in varie forme sino a quelle più evidenti di bullismo e di violenza. Ma esistono anche forme di disagio meno evidenti, non collegate con la trasgressione o la devianza, ma che sono il sottobosco di un mondo che può esplodere quando meno uno se lo aspetta.
Spesso si scarica sulla scuola la colpa di un malessere che dilaga in modo preponderante, ma non si può delegare tutto ad essa. Non dobbiamo dimenticare che spesso le cause del disagio giovanile hanno radici nella famiglia d’origine, nelle loro relazioni con i genitori con le loro insicurezze e paure. C’è un miscuglio di emozioni e timori, un non ascolto e una non comunicazione da entrambe le parti. L’allontanamento, l’introversione, la ribellione diventano così l’unica soluzione possibile.
Il ruolo dei genitori è essenziale in questo processo, anche se bisogna evitare inutili colpevolizzazioni. È opportuno che essi si rendano conto che i ragazzi hanno bisogno di spazi e tempi da non riempire con mille attività, frenesia che non fa altro che generare insicurezza e disagio.
La scuola è un contesto in cui è più facile osservare il disagio dei ragazzi e, nello stesso tempo, un luogo in cui è possibile avviare dei percorsi per prevenirlo e/o ridurlo.
Il malessere si manifesta moltissimo nelle relazioni che i giovani instaurano tra loro, in ambito scolastico ed extrascolastico, con gli insegnanti, con i genitori, ma anche con una demotivazione scolastica e sociale, un’anaffettività nei confronti dei coetanei e degli adulti, e una diversa percezione della vita nella scuola e nella società.
Cosa fare?
Alla base di tutto c’è: il dialogo che è possibile costruire con un ascolto attivo e una comunicazione efficace aperta e non direttiva, con delle regole ma senza giudizi; la creazione di un supporto che non deve essere invasivo e intrusivo, ma di guida e faro, che illumini la rotta, cioè quel pensiero che permetta di conoscere meglio se stesso in modo da approdare verso rive sicure e ben definite, parliamo di maieutica.
Affinché la scuola possa attuare tale progetto è opportuno fornirle degli strumenti che le permettano di avviare una formazione e una collaborazione che coinvolga gli insegnanti, gli studenti e la famiglia.
Fondamentale è la formazione docenti su come poter affrontare il disagio giovanile, formazione che non deve essere solo teorica (cause, forme) ma soprattutto pratica grazie all’utilizzo di strumenti (gestione della comunicazione, giochi, role play, metafore, problem solving…) che permettano di avviare un dialogo costruttivo ed educativo da espletare in classe con gli alunni. Questo è possibile effettuarlo con una comunicazione empatica e legata ad un sostegno del ragazzo che permetta di dialogare in modo efficace, di motivare senza condizionamenti e di comprendere la pluralità delle culture e delle diversità.
La scuola è il centro della vita sociale, dell’educazione, della formazione, dove si comunicano valori, modelli e conoscenze, dove si passa gran parte del tempo della nostra vita, dove si coltivano amicizie e s’incontrano maestri e professori che fungono da modelli. Tutto è cambiato: il mondo, il sapere, i valori, la conoscenza, la comunicazione, ma la scuola resta sempre lì, al suo posto come punto di snodo tra la società, le famiglie e le istituzioni.