La perversione: il feticismo

di Terry Bruno, psicoterapeuta e formatrice PNL.

 

Sfogliando le pagine dei giornali, ascoltando i mass-media, navigando sull’ultimo ritrovato della comunicazione “Internet”, si è colpiti da titoli particolari e qualche volta strani che attirano la nostra curiosità. Essi riguardano le numerose indagini svolte sulle “trasgressioni di massa ” del tipo: “Quale parte del corpo ti eccita?”, “Di che vizio sei?”, “Preferisci essere considerato perverso o prevedibile?”
A questo punto sarebbe opportuno definire cosa s’intende per perversione.
Secondo la maggior parte degli psicologi e degli psichiatri, è un’irresistibile attrazione verso un particolare comportamento sessuale anomalo o bizzarro. Questo è dovuto ad una non appropriata integrazione delle fasi precoci della crescita nell’organizzazione della personalità.
Secondo Freud, il feticismo (in cui il piacere degli oggetti sostituisce il piacere della relazione), il sado-masochismo (in cui l’eccitamento sessuale è dato dal piacere di far soffrire e di soffrire), la scopofilia-esibizionismo o voyeurismo-esibizionismo (in cui l’esigenza di guardare e di mostrarsi è superiore e più importante della gestualità amorosa) rientrano in uno stadio dello sviluppo umano definito “Fase della sessualità perversa”.
Volendoci mantenere al di fuori di malintesi moralistici, è opportuno fare una distinzione tra la perversione che diventa schiavitù e la perversione che si persegue per scelta definita parafilia. La parafilia (para = deviante e filia = attrazione) è, infatti, l’etichetta ufficiale aggiornata, più dignitosa e più neutra sul piano morale, delle perversioni sessuali. Questa distinzione va fatta in quanto, a meno che non ci siano situazioni illegali manifeste, ogni individuo ha la libera scelta di poter ricorrere a varie attività sessuali che vanno dal feticismo al sadomasochismo, dall’omosessualità al travestitismo, purchè il tutto avvenga tra adulti consenzienti. Tali tendenze, oltre ad essere espressioni della personalità dell’individuo, possono essere un ampliamento delle scelte erotiche per il raggiungimento dell’eccitamento sessuale.
Il perverso patologico, invece, è come un animale in gabbia in quanto schiavo della sua stessa perversione, afflitto dalle sue stereotipate fantasie erotiche e dall’ossessione maniacale (ad esempio un bel piede ricercato dal feticista o un video – hard).
La perversione è una strategia psicologica inconscia, in cui il protagonista si sente obbligato a compiere l’atto perverso ottenendo, così, sollievo ma, se non riesce ad espletarlo, è assalito dall’ansia, è agitato, in preda al panico. Egli non sa che l’espletamento della sua perversione non è altro che il dominare quegli eventi che durante l’infanzia erano troppo paurosi, eccitanti e che non potevano essere controllati.
La perversione viene spesso vissuta come libertà sessuale provocando sì, reiterate ed effimere eccitazioni ma, soprattutto, una perdita della qualità dell’esperienza erotica.
>Lo scenario delle perversioni è, quindi, al quanto ampio e comprende piccole e grandi perversioni. Il feticismo è, forse, da annoverarsi tra le prime.

Ma cos’è il feticismo?
ll feticismo è uno spostamento della “meta sessuale” della persona nella sua interezza ad una parte di essa o ad un oggetto o indumento che la sostituisce, determinando, così, piacere.
Le origini della parola feticismo sono state rivendicate dai francesi e dai portoghesi. Secondo i primi il termine “feticcio” deriva dalla parola francese “factice ” cioè fittizio, artificiale. Esso rappresenterebbe i genitali fittizi o immaginari: ad esempio uno stivale di pelle o una scarpa col tacco a spillo simboleggiano una donna con il pene, la cosiddetta “donna fallica”, la cui espressione attualmente è utilizzate per indicare una donna mascolina, autoritaria, di potere.
Si è, però, più propensi a credere che il termine feticcio derivi dal portoghese “feitico ” che a sua volta deriva dal latino “factitius ”, appunto falso, artificiale. Il termine feitico fu attribuito dai mercanti di schiavi portoghesi, nel XVIII secolo, agli oggetti di culto di religioni animistiche dell’Africa. Il significato originario era quello d’indicare un oggetto che sostituiva una forza della natura come ad esempio la fertilità, la potenza virile, la capacità di poter procreare.
Qualsiasi cosa può diventare per un feticista un feticcio. I preferiti sono gli oggetti di pelle come: scarpe, cinture, guanti. Comuni sono anche gli indumenti femminili: mutandine, guepiere, giarrettiere; come anche lo sono gli oggetti che ricordano il pelo pubico: capelli in genere o di un determinato colore, trecce, pellicce in genere o dell’amata. Il tutto per ottenere una migliore performance sessuale.
I feticci sessuali, preferibilmente, sono di colore nero forse perché, creando un contrasto con la pelle chiara, ricorda le potenzialità falliche nascoste dietro il pelo pubico che è sempre più scuro della pelle. Comunque, anche il bianco, il rosa e il rosso hanno la stessa valenza del nero.
Anche le parti del corpo, quali: seno, gambe, piedi, fungono da surrogati del coito.
Ma vediamo quali possono essere le possibili cause di tale comportamento.
Esse risalgono alla prima infanzia, all’incapacità di percepire la persona amata, in questo caso la madre, nella sua interezza. Ella, infatti, viene percepita come parti separate l’una dall’altra: il seno che nutre; il capezzolo che si afferra con le labbra; i capelli che fanno solletico; le mani che dispensano carezze; il piede, come la gamba, che offre sicurezza nel momento in cui s’incomincia a camminare (questo perché piedi e gambe rientrano nel proprio campo visivo di bambino) ecc.. Da tutto questo si formerà, nel soggetto, l’immagine del partner ideale per ritornare, poi, a questo stadio nel momento in cui la sua attenzione si sposterà sui capelli, sul piede o sul guanto o sulla scarpa dell’amato/a. Il feticcio funge, quindi, da oggetto transizionale che si pone tra se stessi e il mondo, per arginare la perdita e l’abbandono. Esso, però, non ha solo questa connotazione negativa, ma come ha sottolineato Winnicott: “deve sopravvivere all’amore istintuale, e anche all’odio”. La sua funzione è, quindi, anche quella di creare scenari sempre nuovi, di giocare, fantasticare.
Il fumettista Saudelli, ad esempio, che si definisce prima di tutto un feticista e poi un fumettista, ama disegnare in particolare le piante dei piedi ben in vista, e asserisce di aver scoperto la valenza erotica del piede in età adolescenziale. Egli scrive: “La mia professoressa di geografia era solita giocherellare con i piedi durante le lezioni. Si allentava una scarpa e la lasciava ciondolare. I miei compagni della prima fila potevano vederle le mutande. Io, che stavo nell’ultima fila, ero affascinato dai suoi piedi. Quando ero a casa, disegnavo e ridisegnavo… quella scena… e così, oggi, disegno spesso donne con i piedi sul tavolo”.
Il feticcio, questo oggetto immobile, inanimato è, comunque, solo apparentemente un oggetto di piacere, in quanto attraverso esso si esprime il desiderio di controllare.
Secondo Freud l’amore “normale” comporta un certo grado di feticismo, in particolare in quegli stadi d’innamoramento in cui sembra irraggiungibile la meta sessuale. La patologia, invece, si manifesta quando il desiderio del feticcio diventa preponderante e si sostituisce alla meta sessuale divenendo l’unico oggetto sessuale. In questo caso possiamo parlare di I, II e III stadio, in cui si può osservare un escalation dell’orgasmo: mentre nel I stadio basterà vedere la propria partner con scarpe con tacchi a spillo, nel II stadio basteranno solo queste ultime a provocare orgasmo, nel III stadio il solo guardarle, toccarle o indossarle creerà l’eccitazione massima. Si può giungere, infine, al IV stadio in cui si può non provare più orgasmo in quanto subentra una diminuzione della reazione a parità di stimolo.
Nell’ambito del feticismo tutti i cinque sensi giocano un ruolo importante, ma l’olfatto è quello preponderante, oltre la vista. Non è solo eroticizzante, ad esempio, il guardare un bel piede, un bel capezzolo, un pube o avere tra le proprie mani biancheria intima, calze ecc., quanto gli odori che sono collegati ad essi.
Il toccare s’inserisce anche “piacevolmente” tra gli altri due sensi. Alcuni raggiungono spontaneamente il coito al solo toccare il corpo dell’altro, senza neanche il bisogno di toccare i genitali dell’altro. In questa area rientrano una serie di feticismi quali: il tickling (solletico), il delire de toucher, il complesso del succhiotto, ecc..

Immaginate un po’ che miscela esplosiva è l’unione tra olfatto, vista e tatto!
Alcune volte tale particolare comportamento, che può sembrare una forma di massima libertà non legata agli stereotipi, può influire sulla vita di relazione: quando, ad esempio, diventa una forma quasi ossessiva che, se non si presenta secondo alcuni canoni, può portare a non avere il desiderio. Per molti feticisti del piede, ad esempio, per provare piacere il piede deve essere bello, deve presentare alcune caratteristiche, ma questo li porta, però, a perdere “di vista” tutto il resto del corpo e a non considerare la partner nella sua interezza.
Credo che il termine feticismo possa spaventare, in quanto spesso lo si utilizza per indicare persone dalla vita sessuale disturbata. Eppure esso può non essere inteso solo come culto di oggetti materiali per raggiungere una propria eccitazione, ma come un modo di elaborare ed accettare una perdita. In questo modo, la “figura materna”, diventa un feticcio al cui cospetto vengono immolate molte emozioni affettive.
Spesso, inconsciamente, non si fa altro che creare un trait d’union, un collegamento, tra passato e presente, tra desiderio e soddisfacimento, tra fantasia e realtà, in modo tale da costruire un gioco psicologico che renda la vita meno noiosa, triste, inerte, che faccia accettare la perdita di qualcosa che ha lasciato un segno profondo nella propria esistenza.