Di Terry Bruno, psicologa, psicoterapeuta, formatrice PNL
Pubblicato su “mia” con il titolo “E qui comando solo io”. Anno III, n. 4/2007
Sigmund Freud, in “Il Disagio della civiltà” attribuiva al lavoro un grande valore positivo per l’equilibrio psichico di un individuo. Ma il mondo del lavoro presenta oggi un grande cambiamento: da essere contenitore di conflitti è attualmente, forse, diventato causa di conflitti evidenti o nascosti, di stress e disturbi psicosomatici, col risultato di minare la salute psicofisica delle persone.
Gli esperti stanno sempre più considerando l’organizzazione aziendale in modo diverso: come un insieme d’individui, con le proprie emozioni, che interagiscono tra loro per determinare un’efficienza, una produttività migliore. Affinché si possa raggiungere un tale risultato, un lavoro di gruppo che crei una sinergia funzionale è necessaria la presenza di un individuo che abbia la capacità di guidare, influenzare, motivare affinché vengano raggiunti degli obiettivi. Per poter far questo è opportuno conoscere se stessi, i propri limiti e le proprie potenzialità, aver sviluppato una serie di doti e colmato alcune lacune con percorsi di formazione.
L’arte del comandare, la gestione del potere è essenziale in ogni forma organizzativa. Se ne parlava sin dai tempi di Aristotele e ha raggiunto il suo più grande splendore con il grande Macchiavelli.
Attualmente la gestione del potere ha assunto una diversa connotazione, non si parla più di leadership verticale, basata sulla gerarchia, ma di leadership orizzontale o meglio circolare in cui c’è uno scambio di valori, collaborazione fra chi guida e chi è guidato, con una condivisione di responsabilità.
I leader, a qualunque livello si collochino, non sono altro che dei contenitori di emozioni dei loro dipendenti e, in quanto tali, danno un senso di sicurezza e di fiducia.
Da qualche anno le aziende stanno sempre più mostrando un interesse per la dimensione emotiva affinché si crei un clima di empatia che porti allo svolgimento di azioni utili al gruppo per il raggiungimento di una meta comune. Il compito del leader è valorizzare i propri collaboratori, stimolarli a dare il meglio in vista del risultato. Stiamo parlando di leadership positiva in cui non si utilizza il potere per sé ma per gli altri, in modo da portarli a crescere con uno scambio d’idee ed esperienze da ambo le parti. In questo caso si ha l’appagamento nella creazione di un team efficace.
Bellissima è la considerazione di Neale Donald Walsch sull’idea di capo:
Il vero capo
non è chi ha
il maggior numero di esecutori,
ma colui che crea
il maggior numero di capi.
Nella società odierna i posti di rilievo, di leader sono occupati ancora in alta percentuale dal mondo maschile in quanto il tempo che viene richiesto è totalizzante. Un uomo più facilmente riesce ad aderire a questo modello. Per la donna la situazione risulta essere più problematica in quanto il privato assume una valenza maggiore. Le statistiche parlano chiaro, più una donna vola in alto meno possibilità avrà di avere figli. Potremmo dire che esiste una incompatibilità nel binomio bambini e carriera.
Elegante è la metafora che una managing director della Deutsche Bank usa per descrivere questa diversità di genere:
“Sulle vette rarefatte delle carriere ad alta latitudine, dove l’aria è sottile ed è difficile respirare, per gli uomini è più facile trovare ossigeno”.
In Italia qualcosa si è fatto nella direzione della differenza di genere cercando di portare un equilibrio tra vita lavorativa e privata grazie a una maggiore flessibilità di orari. Ma a mano a mano che si sale verso i gradini più alti delle aziende la percentuale di donne scende sensibilmente.
Interessanti sono i risultati di alcune ricerche il cui obiettivo era quello di determinare quali sono le peculiarità delle leader donne e dei leader uomini e della gestione della leadership. Fondamentale, all’interno di un gruppo di lavoro, è dare una visione, una direzione e una energia verso la realizzazione di un progetto, affrontando i cambiamenti.
Numerosi studiosi del settore affermano che una leadership al femminile presenta dei vantaggi: le donne, a parità di condizioni, rispetto agli uomini sono in grado di condurre una leadership più efficace grazie alla promozione di valori chiave relativi al raggiungimento dell’obiettivo nel rispetto degli altri; presentano una migliore abilità comunicazionale; presentano una più grande esperienza nei rapporti interpersonali con i collaboratori grazie ad un ascolto attivo e alla creazione di un’empatia.
Non ci sono state differenze significative tra leader donne e leader uomini circa il mantenimento di un comportamento positivo, il prendere una posizione di neutralità e fornire spiegazioni adeguate.
Alle donne in posizioni manageriali vengono spesso attribuite caratteristiche tipicamente maschili attraverso l’uso di aggettivi quali dura, aggressiva, dimostrando che donne che mostrano tratti maschili sono considerate non femminili.
Nella vera leadership l’azione non è disgiunta dal pensiero e affinché ciò avvenga è necessario che non ci sia stress, tranne quello necessario e funzionale all’azione.
Il massimo risultato con il minimo sforzo, questo è in breve una leadership efficace. È proprio lo sforzo la nota dolente nel rapporto tra donne e poteri della politica e del management. Le manager, infatti, sono molto brave grazie alla loro precisione, affidabilità e competenza, ma devono compiere un notevole sforzo, cioè quello di essere una dirigente, una madre, una moglie, un’amica e un’ottima amante. Questa necessità di perfezione non fa altro che generare stress con conseguenze psicosomatiche.
Una donna che ha responsabilità importanti e riesce a coniugarle al femminile, con le sue capacità d’intuizione, ha una marcia in più e gestendo meglio degli uomini conflitti ed emozioni riesce a determinare un maggiore equilibrio all’interno del gruppo.
Quindi, in un mercato globale e in costante evoluzione, in cui le organizzazioni devono far leva soprattutto sulla centralità delle risorse umane fare emergere e mettere a frutto anche le potenzialità delle risorse femminili diventa essenziale per l’azienda che voglia dare valore aggiunto alla sua competizione.
A lezione di Leadership
Per chi voglia approfondire l’argomento ecco di seguito alcune indicazioni bibliografiche e non solo per muovere alcuni passi nel fantastico mondo della leadership.
Di Caterina Mengotti è uscito “Il femminile al potere”, Sonda Edizioni, in cui l’autrice descrive come le donne possono portare benessere, creatività e innovazione nelle organizzazioni.
Sul tema del diversity management interessante è il libro di Cristina Bombelli, “Soffitto di vetro e dintorni, il management al femminile”, (Etas).
Il volume propone i risultati di una ricerca sul campo prendendo in esame la gestione del tempo rispetto alla diversità di genere.
Un must imperdibile, considerato un classico nel settoreè “L’alchimia della leadership” di W. G. Tennis e R. J. Thomas, tradotto in italiano da Il Sole 24 Ore.