Di Terry Bruno, psicoterapeuta e formatrice PNL
Pubblicato su “Tuttoscuola”, Novembre 2003, n. 436
L’apprendimento è un processo psicologico complesso che interessa le facoltà superiori della nostra mente. Quando esso è rivolto all’acquisizione d’informazioni provenienti da particolari materie di studio, allora urge l’utilizzo di valide strategie che permettono di acquisire e ritenere tali informazioni.
Affinché ci sia un apprendimento efficace è necessario: una motivazione, un’attenzione e una serenità interiore. È molto difficile mantenere tali elementi costanti nel tempo. Alcune volte, ad esempio, è più facile prestare attenzione su un testo, su un argomento rispetto ad altri in cui è più difficile. In genere il ciclo di attenzionalità è di circa un’ora e mezza, di cui 45 minuti di attenzione vigile e gli altri 45 minuti di bassa attenzione. Questa variabilità dipende dal soggetto, dalla situazione, dal tipo di emozioni e dalle motivazioni.
La motivazione ha un ruolo centrale nel contesto scolastico del ragazzo, in quanto influisce sia sull’apprendimento che sull’attenzione indispensabile per un migliore rendimento scolastico. Se si è fortemente motivati ad apprendere, ad esempio per l’imminenza di un importante esame o interrogazione, i momenti di disattenzione si riducono drasticamente, addirittura a pochi minuti. In questi casi basta sospendere per breve tempo lo studio facendo un’attività diversa per recuperare le energie attentive necessarie per accogliere nuove informazioni.
Sull’attenzione e sulla motivazione gioca un ruolo importante l’equilibrio psico-fisico: più si è sereni, più l’apprendimento e il rendimento scolastico ne risentono favorevolmente.
Ma, contrariamente a quanto si pensi, un certo stato di stress, l’eustress o stress positivo, è necessario per poter apprendere più velocemente e in modo intenso. Tali periodi non devono però essere molto lunghi in quanto si potrebbe andare incontro ad un’ansia incontrollata e a stress negativo (distress).
È, quindi, fondamentale avere un buon controllo di se stessi, cioè avere la capacità di porsi degli obiettivi e stabilire strategie e sottobiettivi efficaci per raggiungerli.
Purtroppo non sempre per i ragazzi è possibile fare questo in piena autonomia e serenità a causa della presenza, dentro di loro, di credenze e convinzioni limitanti che li portano ad avere insuccessi e ansie sempre maggiori in vari settori, in particolare in quello scolastico.
È la scuola, infatti, il primo palcoscenico ufficiale da affrontare, in cui ogni bambino inizia a conoscere e a sfidare le proprie capacità e a rendersi conto del mondo al di fuori della propria famiglia. È proprio nella scuola che emergono i primi comportamenti inattesi che possono compromettere l’apprendimento e la serenità del bambino. Vengono fuori così dubbi, incertezze, svalutazioni verso se stessi che sfociano in uno stato ansioso. Il bambino, l’adolescente caratterizzati da tale stato d’animo, di conseguenza, sono portati a drammatizzare ogni cosa, a crearsi degli obblighi e far dipendere la propria identità dal giudizio che gli altri (in particolare genitori e insegnanti) danno alla loro performance. Questi pensieri sono il risultato delle loro esperienze che hanno radici nell’infanzia e che vanno a costituire la loro mappa del mondo.
Il bambino, l’adolescente, possono vivere uno stato di disagio scolastico che si può manifestare con:
- insofferenza, intolleranza, iperattività, che sfociano in comportamenti aggressivi;
- timidezza, introversione, con conseguente scarsa interazione con i compagni e l’insegnante;
- distrazione, cioè con l’astensione emotiva rispetto a ciò che sta accadendo intorno.
Per quanto riguarda la distrazione, quello che avviene nella mente dei ragazzi distratti è un sovraffollamento di pensieri, di azioni che non permettono loro di concentrarsi su ciò che stanno facendo e l’unico modo per venirne fuori è appunto la distrazione.
Lo stato di confusione viene maggiormente accentuato dal possibile rimprovero che l’insegnante o i genitori possono rivolgere loro in modo diretto o indiretto. Infatti si sentono spesso frasi del tipo: «Il ragazzo non ha metodo di studio, non sa studiare» oppure «E’ intelligente, ma non si applica, potrebbe fare di più» oppure «È negato per la matematica/italiano, non fa altro che continuare a fare gli stessi errori». A questo fa seguito un maggior disagio nello studio e un rafforzamento delle proprie credenze limitanti («Sono poco intelligente», «Non so studiare», «Non valgo niente», «Gli altri sono migliori di me», «Non sono all’altezza di farmi interrogare», «Sbaglio sempre» ecc.).
Insorge, così, l’ansia che non è altro che uno stato derivante dalla constatazione di non poter soddisfare le proprie esigenze e di non poter rispettare delle aspettative. L’autopreoccupazione tende a variare in funzione dello stress valutativo.
La paura di sbagliare, di non essere all’altezza delle aspettative delle figure importanti, determina l’insorgenza dell’ansia particolarmente nell’ambiente scolastico in cui vengono messe in evidenza, in misura maggiore, le difficoltà del ragazzo in relazione a se stesso e agli altri.
Il ragazzo ansioso ha anche una bassa autostima, che a sua volta determina l’insorgenza dell’ansia, è un circolo vizioso da cui si ha difficoltà ad uscirne.
Recenti ricerche hanno dimostrato che prima dell’interrogazione il 65% degli studenti presenta uno stato ansioso massimo, il 25% medio e solo una bassissima percentuale non ha disagio.
È chiaro, quindi, quanto sia importante per gli studenti imparare a tenere sottocontrollo l’ansia, sia a vantaggio del rendimento scolastico che fisiologico. Infatti, il solo pensiero di trovarsi di fronte all’insegnante e sostenere un’interrogazione o un esame, fa sorgere un malessere che si manifesta con: tachicardia, sudorazione eccessiva, balbettio, tremori, disturbi gastrointestinali e… voglia di evitare la prova. Questo comporta una scarsa concentrazione con il rischio di non raggiungere buoni risultati.
Cosa fare? Per quanto riguarda i ragazzi sarebbe opportuno effettuare tecniche di rilassamento, basate in particolare sulla respirazione. È importante effettuare una respirazione profonda e lenta (inspirando lentamente con il naso ed espirando lentamente con la bocca) in modo da permettere, fisiologicamente, una buona ossigenazione del corpo ed in particolare del cervello e, come conseguenza, un rallentamento dei battiti cardiaci. Poiché le difficoltà vengono, in genere, ingigantite da immagini che mostrano se stessi in situazioni negative (fare scena muta, vedere il viso dell’insegnante arrabbiato e sentirlo urlare, ecc.) o da un dialogo interno accentuato, sarebbe importante che lo studente riesca a padroneggiare mentalmente le immagini e il dialogo interno per controllare le emozioni. Un modo è quello di visualizzare più volte se stessi nel superare l’esame o l’interrogazione e nel percepire il tutto con tutti i sensi (vedersi mentre si espone con tranquillità, ascoltare il tono della propria voce, tranquilla, e sentire dentro di sé la sicurezza e la tranquillità nell’esposizione). In questo modo l’ansia si attenua, consentendo una migliore prestazione anche nella realtà.
Per quanto riguarda gli insegnanti, un approccio ottimale per evitare l’ansia ed aumentare l’autostima nei ragazzi, sarebbe quello di stimolare in positivo gli studenti evitando, cioè, di puntare sull’errore ma di trarre un insegnamento da esso, cioè favorire in lui una riflessione orientata alla soluzione dei problemi. In primo luogo dovrà essere aiutato a definire la discrepanza tra quello che vorrebbe ottenere e i risultati avuti in termini di problema, raccogliere le informazioni necessarie e sufficienti per capirlo, generare alternative di soluzioni, valutarne le conseguenze e divenire attivo nello sperimentarle.
Il nostro apprendimento, infatti, è sempre avvenuto, sin dalla nascita, per prove ed errori (basti pensare come abbiamo imparato a camminare, a parlare) sperimentando in continuazione ogni cosa. Il non essere penalizzato, rimproverato, crea un clima più distensivo con una non paura di sbagliare e, quindi, una maggiore fiducia nelle proprie potenzialità.
In America e nel Nord Europa numerose osservazioni hanno dimostrato la validità dell’utilizzo di un sistema in cui gli insegnanti non mettono sotto pressione i ragazzi, rispettando la loro personalità ed incoraggiandoli ad esprimersi liberamente sviluppando la loro creatività.
Sarebbe, quindi, indispensabile orientare il proprio intervento a far capire all’allievo che i non buoni risultati del suo lavoro scolastico non sono attribuibili a mancanza di capacità ma a qualcos’altro più facilmente definibile come problema risolvibile.