Di Terry Bruno, psicoterapeuta e formatrice PNL
Pubblicato su “Tuttoscuola”, marzo 2006, n. 460
Molti dei comportamenti problematici in classe hanno origine proprio dal bisogno di potersi affermare. Ecco che l’intemperanza, la provocazione, la reazione maleducata, possono essere il risultato dell’esigenza di percepirsi in grado di affrontare il mondo e la propria dignità. Alla base di tutto questo c’è la necessità di avere fiducia nelle proprie risorse, nelle proprie potenzialità, per poter affrontare gli impegni scolastici e la vita.
Affinché questo si possa realizzare è importante agire a 360° sul bambino. È, così, partito presso una scuola elementare di Roma, il “53° Circolo Merelli”, il progetto Scuola-Famiglia il cui obiettivo è di creare un fronte unito per la formazione dell’alunno/figlio.
Si è rivelato di notevole interesse il feedback che gli insegnanti stanno ottenendo utilizzando i giochi come espressione del bambino per la costruzione di una relazione migliore con gli oggetti e con le persone. Il gioco, quindi, può essere un valido strumento didattico ed educativo e può essere utilizzato dagli insegnanti per la formazione dell’alunno in quanto abbraccia la sfera cognitiva, affettiva e relazionale.
Nell’ambito scolastico trova ampia applicazione il gioco cooperativo caratterizzato dall’assenza di vincitori/vinti, in quanto la competizione è indirizzata al raggiungimento degli obiettivi del gioco: un problema da risolvere, un tempo entro cui agire, uno spazio da condividere o un obiettivo da realizzare. Nel gioco cooperativo l’ostacolo è rappresentato non dagli avversari ma dalle mete da raggiungere. Gli obiettivi, quindi, del gioco richiedono la collaborazione di tutti i partecipanti affinché si possa effettuare il gioco.
Questo tipo di cooperazione permette di:
- Sperimentare la positività e la difficoltà dello stare insieme.
- Agevolare l’approccio con l’interlocutore, in modo empatico.
- Educare alla comunicazione, all’ascolto, alla condivisione delle idee.
- Esprimere, conoscere e confrontare le emozioni.
- Effettuare l’inversione dei ruoli.
Il gioco cooperativo risulta essere molto interessante in quanto prevede un tempo dedicato al dopogioco in cui è possibile comunicare, esprimere e condividere i pensieri emersi dall’esperienza ludica.
Il clima che si crea durante l’esperienza permette di abbassare le barriere in modo da poter sperimentare liberamente le proprie potenzialità.
Gli insegnanti coinvolti nel progetto sono stati formati al gioco e a credere nelle sue potenzialità. Prima di diventare animatori di un gioco o di una tecnica è importante sperimentare, esplorare, come fanno i bambini quando giocano con i coetanei, in modo da condividere sensazioni, intuizioni e perplessità.
Tra i giochi proposti e poi applicati ai ragazzi di notevole interesse sono quelli basati sulla gestione del conflitto. L’obiettivo è di gestire in modo non violento il conflitto: considerare il conflitto come un’opportunità di crescita individuale e collettiva. È importante saper valorizzare le differenze con l’altro; imparare a tollerare e convivere con il conflitto.
Un esempio di gioco proposto è “il gioco degli opposti”, il cui obiettivo è sentire l’opposizione dell’altro e allentare la tensione.
L’esperienza si può effettuare in palestra, cioè in un luogo privo di arredi.
I bambini vengono divisi in coppie e ad ognuno viene assegnato un numero pari o dispari: ogni coppia sarà formata da un numero pari e uno dispari.
Un elemento della coppia assumerà una posizione, aggrovigliata, che l’altro dovrà sciogliere senza parlare. In genere i bambini si raggomitolano su se stessi o intrecciano le mani, le gambe, le braccia, rendendo più complicato il compito del compagno che dovrà scioglierlo senza usare violenza o fare solletico. Il tutto termina dopo 3 minuti con lo scambio dei ruoli.
Alla disputa fisica fa seguito quella verbale, in cui chi inizia il gioco dirà una parola che avrà il contrario che verrà detta dall’altro elemento della coppia (si/no, dolce/amaro, buono/cattivo, brutto/bello, ecc.). Al segnale dell’insegnante il numero pari dirà con forza la parola scelta a cui risponderà con il contrario il numero dispari. L’intensità crescerà sempre di più per circa 1 minuto, dopodiché incomincerà a diminuire sino a diventare un sussurro. Si ricomincia il gioco con un’altra coppia di parole invertendo i ruoli.
Il gioco continua con i numeri pari che formano un cerchio, mentre i numeri dispari si dividono in gruppi di 4 che a turno cercheranno di entrare nel cerchio. Il gruppo che ci riuscirà ne farà poi parte. Il tempo richiesto per ogni tentativo è di 3/4 minuti. Quando ogni gruppo ha provato s’invertono i ruoli.
Il gioco termina con un massaggio che ogni elemento della coppia, a turno, fa all’altro.
La parte più importante è il dopogioco, che può essere fatto:
1.con un disegno che può esprimere ciò che si vuole condividere;
2.con il verbalizzare ciò che hanno provato in entrambi i ruoli e in quale si sono sentiti più in difficoltà, e che cosa pensano quando si trovano in una situazione di opposizione.
In questo modo si ha la possibilità di dar voce ai pensieri e alle teorie dei bambini sui conflitti, ascoltandoli senza dare giudizi, senza ricorrere a ingiunzioni.
In base alla mia esperienza e al lavoro degli insegnanti che hanno attivamente contribuito alla realizzazione del progetto, ritengo che dare l’opportunità ai ragazzi di esprimere le proprie emozioni, i risentimenti, la rabbia, l’aggressività verbale e gestuale, allenti molte tensioni, migliori la possibilità di nuove relazioni e consolidi l’interazione di gruppo.
In conclusione privilegiare il lavoro di gruppo è importante perché è il gruppo che ci connota emotivamente e ci permette di sperimentarci sia nella dimensione soggettiva che sociale.