Di Terry Bruno, psicoterapeuta e formatrice PNL
Pubblicato su “Tuttoscuola”, Aprile 2003 n. 431
Ci hanno spesso insegnato che parlare è azione e potere, mentre ascoltare è debolezza e apatia. Questo tipo di preconcetto porta ad avere un atteggiamento negativo verso l’ascolto e di non sfruttarne tutte le potenzialità. L’ascolto potrebbe essere considerato come un tentativo per ridurre la perdita d’informazioni che si verifica nel processo comunicativo inteso come emissione–attenzione–ricezione. Ma se non c’è ascolto non c’è comunicazione e come dice un vecchio adagio: “Se nella foresta cade un albero e non c’è nessuno ad ascoltare, fa ugualmente rumore?”.
Comunicare, infatti, significa per il 99% ascoltare, ma purtroppo non ci viene insegnato a farlo. La scuola, d’altronde, pur considerandone l’importanza ne dà solo un assaggio.
Ma cosa significa ascoltare? Bisogna fare una distinzione tra udire e ascoltare. Udire non è altro che un atto fisico ed è un riconoscimento di suoni, ascoltare è un’azione intellettuale ed emotiva tramite la quale si capisce cosa è stato detto.
Un processo di ascolto effettivo nasce dall’esigenza, da parte dei comunicanti, di mettere in comune, di condividere i significati delle cose dette e, quindi, di migliorare la comunicazione. Ascoltare, inoltre, permette di controllare la situazione, di diminuire le polemiche e di dimostrare che si è interessati a ciò che si dice.
L’ascolto serve anche ad aumentare l’autostima dell’interlocutore in quanto è un riconoscerlo, è come dirgli: “Tu sei importante e io non ti giudico”. Esso è un ottimo strumento per ridurre l’ansia, stress, paura, in quanto il vero ascolto crea un clima di fiducia e permette all’altro di aprirsi e di migliorare le sue capacità di apprendimento.
Noi spesso pensiamo di ascoltare e di saper ascoltare, ma sappiamo farlo veramente? Alcune volte udiamo solamente le parole che entrano in un orecchio ed escono dall’altro. In questo caso stiamo effettuando un ascolto passivo che è inefficiente e improduttivo. Altre volte ascoltiamo solo ciò che vogliamo sentire effettuando così un ascolto selettivo, anch’esso inefficace e improduttivo. Raramente poniamo attenzione a tutto il messaggio, ascolto attivo, particolarmente importante durante la trattazione di un argomento complicato o il chiarimento di ciò che è stato detto per una migliore comprensione.
Nella relazione didattica docente-alunno un ascolto attivo aiuta ad instaurare una buona comunicazione e ad effettuare un migliore apprendimento. Prima di tutto si crea un’ottima interazione tra docente e studente in quanto quest’ultimo si sente capito, ascoltato e non giudicato. Infatti, uno dei problemi che determina un cattivo rendimento degli studenti è la paura, l’ansia del rendimento, della prestazione che spesso crea un blocco nell’esposizione più armonica, chiara e leggera da parte dell’esaminato.
Per poter effettuare un ascolto attivo è importante ascoltare l’alunno senza preconcetti anche se non si accettano le sue idee o i suoi punti di vista. Certo ascoltare senza giudicare è difficile, in quanto i nostri filtri emotivi e mentali ci proteggono dal sentire ciò che ci mette a disagio o che non rientra nei nostri valori.
Alcune volte la convinzione che lo studente sia svogliato, o che abbia capacità intellettive inferiori può condizionare un ascolto ottimale in quanto si ritiene di sapere cosa dirà o non dirà o come lo dirà. Si effettua così un ascolto selettivo in modo da secondare le proprie attese. La non ottimale predisposizione verso lo studente è percepibile anche dal linguaggio non verbale: cambio del tono di voce (ad es. nel porre le domande), delle espressioni del viso, della gestualità, condizionando così il proprio interlocutore che si sente svalutato, poco stimato e nell’utilità di fare qualcosa in quanto già giudicato.
Certo è difficile ascoltare obiettivamente una persona quando non piace, ma lo stesso discorso vale anche quando qualcuno è di nostro gradimento; in entrambi i casi, i rapporti personali influenzano una comunicazione ed un ascolto ottimale. Sarebbe, quindi, opportuno imparare ad effettuare non solo una comunicazione efficace ma anche e, soprattutto, un ascolto efficace ed attivo. In questo modo il docente invia un messaggio d’interessamento allo studente ottenendo, anche, una riduzione dell’ansia, un aumento della stima con conseguente miglioramento del rendimento scolastico.
Spesso ascoltiamo ragazzi che riferiscono: “Tanto è inutile che io studi, per il professore io sono…”. Queste frasi, a volte, nascondono delle realtà in cui inconsciamente si cade e di cui, a volte, non si è consapevoli.
Si può, comunque, imparare ad effettuare un ascolto attivo rispondendo non solo verbalmente (“Ah – Ah”, “Giusto”, “Interessante”, “Oh”, “Proprio così”) ma soprattutto analogicamente. Come?
- Facendo cenni col capo ad indicare che si sta seguendo quanto sta dicendo l’interlocutore.
- Inclinandosi o movendosi verso di lui per mostrare interessamento.
- Evitando di fare altro mentre sta parlando l’interlocutore (in questo caso si parla di svalutazione del soggetto).
- Mantenendo il contatto visivo in modo da leggere il feedback dello studente ed inviare, in contemporanea, il messaggio che lo si sta ascoltando.
- Facendo attenzione al tono di voce che si utilizza (spesso si utilizza un tono di voce e una gestualità differenti a seconda se il nostro interlocutore sia “gradito” o meno).
Nella dinamica relazionale tra docente e alunno è importante riuscire a creare un clima di fiducia che può agevolare da una parte la didattica e dall’altra l’apprendimento. Infatti il rapporto interpersonale che si riesce ad instaurare con lo studente è uno dei fattori determinanti in questo processo. Non è una fatica, né uno sforzo avere un atteggiamento disposto ad ascoltare. Diventa facilmente un istinto, un modo di essere. E’ molto più interessante capire, sentire il valore e il senso della comunicazione che limitarsi al significato superficiale delle parole.
Ma nel rapporto tra docente e studente, oltre a saper ascoltare, è anche importante che l’insegnante porti gli alunni ad effettuare un ascolto attivo, ad es. ponendo delle domande che li costringano a pensare a quanto si stava dicendo o cercando di mettere a fuoco. Le domande possono essere aperte o chiuse. Le prime devono essere strutturate in modo da portare lo studente a pensare a ciò che si stava dicendo e che lui non ha sentito (es.: “Mi domando se hai capito cosa ho detto” e poi si ripete ciò che si è detto in precedenza; “Puoi dirmi ancora qualcosa in merito?”) e a cui non può rispondere con un semplice “sì” o “no”; le seconde sono specifiche e interrogano l’alunno su quanto si è appena detto.
Tutto questo aiuta a creare una sinergia non solo nell’ambito didattico ma in tutti i settori della propria vita, pubblica e privata, ottenendo risultati che aiutano a stabilire relazioni più costruttive e dinamiche.
Dice Karl Menninger: “Ascoltare è una cosa magnetica e speciale, una forza creativa. Gli amici che ci ascoltano sono quelli a cui ci avviciniamo. Essere ascoltati ci crea, ci fa aprire ed espandere”. E se nel dialogo non sappiamo ascoltare non sapremo mai comunicare bene.