Di Terry Bruno, psicoterapeuta e formatrice PNL
Pubblicato su “Tuttoscuola”, Febbraio 2009 n. 489
Molti pensano che il bullismo sia un fenomeno a parte che insorga all’improvviso, in realtà è un’espressione di qualcosa che è già preesistente e che è insita nell’essere vivente: l’aggressività.
Prima di parlare di bullismo non possiamo fare a meno di approfondire tale concetto che è vario e molteplice e tanti sono stati i modi per definirlo, in quanto esso può essere legato ad un “comportamento”, ad una “forma istintuale”, ad “un’emozione” come conseguenza di una reazione ad un evento frustrante e/o stressante. Nel libro sul bullismo Ho paura del bullo: un viaggio attraverso gli occhi di un ex bullo, Edizione Anicia, Roma, 2009 è esaminata l’aggressività sotto vari aspetti in quanto essa è molte volte la causa di episodi spesso sottovalutati e che possono esplodere all’improvviso.
Ogni azione aggressiva è diretta al male di una persona o dell’ambiente o di un oggetto con lo scopo di infliggere sofferenza fisica o morale.
Risulta essere molto importante, quindi, conoscere l’aggressività e saperla gestire in quanto un suo non controllo può essere nocivo per se stessi e per gli altri. Si può avere un’esplosione di rabbia soprattutto in situazioni di contrapposizione, di frustrazione, di crisi, che viene scaricata su se stessi o sugli altri con comportamenti violenti fisici e verbali.
L’aggressività può essere classificata in “proattiva” nel caso in cui il soggetto aggredisce senza alcuna provocazione al fine di raggiungere il suo obiettivo, e “reattiva” quando si ha, invece, una provocazione. Il bullismo possiamo considerarlo come una forma di aggressività proattiva che a sua volta può essere distinta in “ostile” e “strumentale”.
Il bullismo può essere sia strumentale che ostile in quanto un bullo si serve dell’impulso aggressivo, normalmente insito nella natura umana, per affermare un proprio status, una propria identità, a causa di uno sviluppo sociale non adeguato.Negli ultimi anni l’attenzione è sempre più rivolta alla ricerca di una soluzione di tale fenomeno, per cui numerosi sono gli interventi che vengono effettuati nelle scuole. La prevenzione del bullismo è una delle strategie più efficaci per demolire questo muro che si erge in modo prepotente diventando spesso “apparentemente” insormontabile, “apparentemente” in quanto qualunque cosa può essere affrontata, ma bisogna trovare la chiave giusta che riesca ad aprire alcune porte chiuse da tempo e ormai incastrate.
Nel programma di prevenzione fondamentale è l’azione sul gruppo classe. La scuola in quanto luogo privilegiato di osservazione, conoscenza, comunicazione e cultura permette l’insorgenza di dinamiche all’interno del gruppo classe, spesso di difficile gestione. Per gestire tali dinamiche che possono spesso sfociare in comportamenti aggressivi e violenti è importante che ci sia un senso di appartenenza, di coesione tra i vari elementi che costituiscono il gruppo.
È importante per l’individuo guadagnarsi un posto nel gruppo. Questo serve a colmare quel bisogno e quel desiderio di una valutazione di se stessi, o autostima, e di una stima da parte degli altri che sia stabile nel tempo.
Solo sentendosi parte di un gruppo l’individuo potrà soddisfare da un lato il desiderio di successo, di adeguatezza, competenza e padronanza, e dall’altro il desiderio di prestigio e di apprezzamento. Questa è la dinamica che interviene nel bullismo. Far parte del gruppo dei bulli, visti come individui di potere e, apparentemente, leader, è essenziale per sentirsi apprezzati.
Per poter creare una coesione all’interno del gruppo classe, gli insegnanti possono adottare sia il “Circle time” (già affrontato in un precedente articolo) per discutere e trovare insieme una soluzione di fronte ad un episodio che ha potuto creare un problema nell’ambito della classe, che giochi di gruppo.
Un esempio è quello in cui i ragazzi, in coppia, inscenano una situazione conflittuale che si presenta spesso nel gruppo. Esempio:
Un ragazzo ha delle belle matite colorate e l’altro le usa senza chiedere il permesso, finendo anche col romperle.
Un ragazzo scavalca la fila e passa avanti senza aspettare il suo turno.
Un ragazzo si fa portare i libri da un altro che diventa a sua volta il suo zerbino, ecc..
I due compagni discutono il problema assumendo l’uno il ruolo di chi viene infastidito o attaccato, l’altro di chi infastidisce o attacca. Dopo un po’ si scambiano i ruoli, se possibile dovrebbero trovare una soluzione al conflitto.
Le soluzioni dei gruppetti, poi, vengono esposte all’interno dell’intero gruppo classe ed esaminate nella loro possibilità di realizzazione. Ogni ragazzo ha possibilità di capire le emozioni che si provano nell’aggredire e nell’essere aggrediti, o nell’avere dei comportamenti provocatori o prevaricanti.
La cooperazione e la coesione sono alla base della prevenzione al bullismo in quanto fenomeno di gruppo. L’azione va quindi diretta su ogni elemento del gruppo. Si è osservato che si ha una riduzione dell’aggressività quando i ragazzi collaborano tra loro.
Sia il bullo che la vittima oltre a non avere capacità empatiche mancano anche di abilità cooperative. Questa potrebbe essere la conseguenza del fatto che avendo difficoltà nella gestione dei rapporti non hanno la capacità di collaborare l’uno accanto all’altro.
Insegnare ai ragazzi di un gruppo classe a collaborare è molto importante in quanto essi imparano a sviluppare le capacità empatiche, interpersonali, sociali e organizzative, mettendo da parte le ostilità, la competizione, la critica che sono alla base dei fenomeni di bullismo, e ad esternare le proprie emozioni e opinioni a favore della conoscenza reciproca.
Il miglior soldato non attacca.
Il combattente più valido riporta la vittoria
senza ricorrere alla violenza.
I massimi conquistatori vincono senza lotta.
Il capo di maggior successo
guida senza imporre dettami. È quella che
si chiama non aggressività intelligente,
ed è così che si esercita il dominio sugli uomini.
Lao Tze, Tao Teh King