Di Terry Bruno, psicoterapeuta e formatrice PNL
Pubblicato su “Odontoiatria oggi”, Anno V, n. 4/2007
I pazienti, come tutti gli esseri umani, vivono delle emozioni che condizionano il loro comportamento quando si trovano ad affrontare un sintomo, un problema. Entrare in contatto con le emozioni del paziente è uno degli aspetti più importanti nella relazione medico paziente.
Diceva A. Lowen: «Nella sua espressione emotiva l’individuo è un’unità. Non è la mente che va in collera né il corpo che colpisce; è l’individuo che si esprime». Mente e corpo sono legati tra loro in modo inscindibile. È stato ampiamente dimostrato come il corpo influenzi la mente e, viceversa, come gli stati mentali si riflettano sul corpo. Ad esempio la depressione è spesso rilevabile anche dalla semplice osservazione della postura, curva e ipotonica; nello stesso tempo una postura raccolta e accasciata influisce sullo stato mentale rendendo l’individuo poco presente, cupo, inerme. Le due situazioni sono interconnesse tra loro e si amplificano a vicenda, per cui ci si trova imbrigliati in una duplice rete.
Il medico, con l’odontoiatra, non deve mai dimenticare che ha a che fare con esseri umani di cui è tenuto a rispettare, comprendere e anche a trattare, ansie, paure, tensioni, somatizzazioni, senza però dimenticare di far rispettare con tranquilla fermezza la propria professionalità.
Quando un paziente entra nel proprio studio dal suo non verbale comunica il suo stato d’animo e come andrà la relazione. Ad esempio possiamo capire che ci troviamo di fronte ad un soggetto ansioso: ascoltando il suo modo di parlare, spesso veloce e senza pause, osservando il suo respiro, spesso corto e frequente, la sua gestualità, spesso accentuata e frequente, e la sua postura, contratta e tesa.
Nel momento in cui ci troviamo di fronte ad un paziente di questo tipo e/o che manifesta un certo stato di paura la prima cosa da fare è metterlo a proprio agio entrando in rapport con lui, raggiungendo un profondo stato di empatia.
Come fare?
Ricalcando il suo verbale (predicati verbali), paraverbale (tono di voce, ritmo…) e non verbale (postura, gestualità…), in pratica diventando più flessibili. Questa flessibilità comportamentale del medico consente di entrare nella mappa del mondo del paziente e ottenere la sua collaborazione.
Un primo approccio è quello di discutere insieme delle emozioni e sensazioni che il paziente sta vivendo dimostrandogli, analogicamente, di capirlo completamente.
Ma oltre a questo primo approccio si può portare il proprio cliente a diminuire un proprio stato tensionale utilizzando una tecnica della Programmazione Neurolinguistica: l’ancoraggio. Questa tecnica è un metodo che ci permette di usare le proprie risorse interiori e di agire sugli stati emozionali. L’ancoraggio è un processo naturale che spesso ha luogo senza che noi ne siamo consapevoli. Un esempio di àncora è dato dall’ascolto di una musica o una canzone che ci riporta al ricordo di un bacio o un ballo legato ad uno stato emotivo molto intenso; o il profumo di una torta che ci ricorda un momento della nostra infanzia.
In genere non siamo consapevoli del fatto che le nostre reazioni sono ancorate a certi inneschi. Gli ancoraggi sono tanto potenti proprio perché invisibili.
A cosa può servire l’ancoraggio in odontoiatria o in qualsiasi altra branca medica?
A cambiare lo stato d’animo del cliente, cioè a condurlo ad un maggiore stato di tranquillità e serenità, ad esempio, in modo da poter effettuare un lavoro o una comunicazione più efficace. Per poter attuare tale processo si porta il soggetto a ricordare un momento in cui è stato tranquillo, in uno stato di benessere. Mentre racconta l’esperienza egli non fa altro che riattivare parte dell’emozione e della tranquillità dell’esperienza originaria. Quando l’emozione riattivata raggiunge il culmine si può effettuare l’ancoraggio toccando il cliente, ad esempio, con una mano sulla spalla.
Come si fa a capire che il paziente sta vivendo uno stato emozionale intenso? Osservando il suo non verbale: se mentre sta parlando della sua esperienza gli si illuminano gli occhi, il suo respiro è più profondo e il suo modo di parlare rallenta, in quanto sta rivivendo uno stato di tranquillità, allora possiamo essere certi che sta provando l’emozione. A questo punto ci si può sporgere su di lui (ancora visiva), toccandogli una spalla o un braccio (ancora cenestesica) dicendogli: «Deve essere stata particolarmente tranquilla quella esperienza», calcando in modo particolare sulla parola tranquilla (ancora auditiva). L’obiettivo è immagazzinare nella mente inconscia del paziente la sensazione di emozione di quel momento collegandola al comportamento del medico. Questo va ripetuto almeno tre volte per assicurarsi un risultato positivo. Per essere sicuri di aver instaurato correttamente un’àncora si può parlare di altro col paziente, e mentre lo si ritocca nello stesso punto di ancoraggio si osserva se si rilassa. Se otteniamo il risultato sperato significa che l’ancoraggio è stato effettuato correttamente e lo si può utilizzare nel momento in cui è necessario ristabilire una stato di tranquillità.
Come ogni nuova abilità l’ancoraggio richiede allenamento, più lo si utilizza e se ne fa pratica più diventa parte di sé e lo si attua inconsciamente. È come imparare a guidare la macchina, all’inizio è tutto difficile ma con l’esperienza e la reiterazione diventa naturale e inconscio.
Ancorando più volte stati d’animo positivi, potete ancorare in ogni momento quello stesso tipo di emozioni. Questa tecnica risulta di grande utilità non solo nella relazione con il paziente ma anche con i propri collaboratori, con la propria famiglia, con se stesso, a 360°.