Insegnanti e genitori insieme a scuola

Di Terry Bruno, psicoerapeuta e formatrice PNL
Pubblicato su “Tuttoscuola”, marzo 2005, n. 450

Vivere é un’evoluzione continua che richiede un lavoro costante di separazione dal vecchio, dal conosciuto, dall’assodato, per potersi così aprire al nuovo, allo sconosciuto, alla scoperta. È un continuo cambiamento che spesso, anche noi adulti, non sappiamo come affrontare. Se noi stessi non siamo pronti al cambiamento, al salto nel vuoto, immaginiamo cosa può succedere nel mondo di un bambino e di un adolescente, privi di strutture ed esperienze sufficienti a superare i vari ostacoli che si presentano lungo il loro cammino.
L’educazione dell’uomo, che comincia fin dalla nascita e si conclude solo con la morte, nei primi anni di vita è impartita esclusivamente dai genitori; il cui ruolo in questa fase risulta determinante per il futuro assetto culturale del figlio.
All’inizio, durante la prima infanzia, i genitori sono degli abili educatori, in quanto sanno stimolare, in modo adeguato, la curiosità del piccolo, accettando i suoi ritmi e le sue capacità di apprendimento.
I problemi cominciano ad insorgere nel momento in cui il bambino incomincia a crescere, in quanto crescono anche le aspettative dei genitori diventando, così, educatori meno efficaci. Iniziano le pretese, i rimproveri, le punizioni, i paragoni con i figli degli altri (sempre migliori e più educati), e la comunicazione diventa sempre più complessa e ottusa.
In questa fase, notevole peso ha il ruolo degli insegnanti, che spesso vanno ad aumentare le situazioni di ansia, inadeguatezza, insicurezza e disagio che il bambino, all’inizio, e l’adolescente, dopo, vive. Ed è proprio per queste ragioni che assume sempre più valore la collaborazione tra la scuola e la famiglia, per il benessere psico-fisico del bambino.
L’apprendimento è una funzione naturale, come il mangiare, il bere, il camminare… pertanto l’adulto, quando il bambino affronta le varie tappe di tale processo, dovrebbe facilitare le sue esperienze evitando di intervenire se non direttamente interpellato.
Spesso i genitori, come anche gli insegnanti, si sentono sotto accusa anche per la responsabilità che essi sentono sulle loro spalle. Dobbiamo ricordare che il mestiere di genitori non è altro che un autoapprendimento e che, spesso ricalchiamo, anche quando lo rifiutiamo, quello che abbiamo vissuto sulla nostra pelle per anni e anni. Sono dinamiche inconsce che nascono nel momento in cui c’è una causa scatenante, dinamiche da cui non sono esenti neanche gli insegnanti. Importante è, quindi, conoscere i propri disagi, i propri malesseri che si portano dietro dall’infanzia e dalla relazione con i propri genitori.

Che fare? Per quanto riguarda i genitori bisogna:

  • lasciare che il bambino trovi la soluzione del problema in autonomia. Il genitore comprende la difficoltà, è solidale, ma non interviene. In questo modo si educa il bambino a superare gli ostacoli e a non essere dipendente dalla presenza di un adulto. Questo è valido in ogni settore di vita e non solo scolastico;
  • utilizzare l’ascolto attivo. Il bambino con calma troverà una soluzione, si sentirà capito, accolto e a proprio agio, per cui ansia e paura passano in secondo piano;
  • farsi carico dei propri vissuti in modo da separare il bambino/adolescente dalle proprie aspettative e lasciarlo libero di crescere.

Il genitore che offre al bambino l’opportunità di sperimentare, toccare, manipolare, impastare, ecc., diventa sicuramente un ottimo insegnante; se, invece, egli ricorre a sistemi autoritari e ad imposizioni, inevitabilmente ottiene un atteggiamento di ribellione e di rabbia. Si sviluppano, così, sistemi di convinzioni basati su una scarsa autostima, insicurezza e ansia. Se a tali convinzioni limitanti si aggiungono esperienze scolastiche negative lo stato di disagio del ragazzo si accentua sempre più, con una percezione delle cose sotto una luce negativa.
Sia i genitori che gli insegnanti, senza volerlo, trasmettono strategie educative, che non sempre rispecchiano la mappa del mondo dell’individuo, cioè non sono adatte al suo modo di rapportarsi col mondo. Inoltre, le aspettative di entrambi sono talmente alte, tanto da dimenticarsi che ognuno di noi ha imparato per prove ed errori, e vengono sottolineate le cose che si sono sbagliate. Ognuno ha una propria velocità di apprendimento e, spesso, si utilizzano solo una parte delle proprie risorse.
Racamier diceva che frustrazione e gratificazione, come conseguenza di una svalutazione, dovrebbero essere somministrate in modo equo, e che è dannoso usare solo l’una o solo l’altra.
Quando ci sono problemi in un ambiente le ripercussioni si risentono anche nell’altro. Appare, quindi, evidente l’importanza della relazione tra genitori e docenti, in quanto c’è la possibilità di uno scambio d’informazioni che può essere utile ad entrambi.
Questa collaborazione può essere vista dai ragazzi come un fronte compatto utile a favorire un miglioramento del loro comportamento a 360 gradi.

Cosa devono fare gli insegnanti?

  • Un ascolto attivo può offrire al bambino o all’adolescente un punto di riferimento che può aiutarlo ad evitare sbandamenti sempre più irreparabili. Questo è di particolare rilevanza nella fase adolescenziale in cui si sente la necessità di avere un’identità ben definita;
  • gratificare il bambino in modo che possa essere stimolato a continuare ad apprendere, in quanto di fronte agli insuccessi la demotivazione diventa preponderante e la svalutazione prende il sopravvento;
  • farsi carico dei propri vissuti in modo da separare il bambino/adolescente dalle proprie aspettative.

Una comunicazione immediata tra insegnante e genitore offre l’opportunità di discutere della situazione del figlio/alunno. Si possono, in questo modo, sviluppare insieme metodi utili al superamento delle difficoltà. Il mondo del bambino/adolescente non è, quindi, tanto un mondo fisico, quanto un mondo di relazioni, di rapporti, che possono essere vissuti in modo positivo o negativo, ma che risultano altamente significativi nello sviluppo della sua personalità e delle sue capacità, e spetta proprio ai genitori e agli insegnanti creare quell’atmosfera necessaria affinché il loro futuro possa presentare meno carichi sospesi.