Pubblicato su “Tuttoscuola”, Novembre 2008 n. 478, Anno XXXIVIn molti Paesi europei, in particolar modo in Italia, si assiste sempre più ad uno sgretolamento del tessuto sociale che si riflette nel disagio giovanile. Questo disagio sembra essere dovuto ad una perdita di valori e punti di riferimento che sino a poco tempo fa erano ancora forti e persistenti. Stiamo parlando della famiglia che è in forte crisi a causa dell’incapacità di trasmettere dei modelli comportamentali e culturali all’altezza di questa complessa società; della scuola che si trova spesso nella difficoltà di poter formare i nuovi individui in modo tale che sappiano affrontare il loro presente e avere una visione del proprio futuro; della politica ormai deludente e non più apprezzata dai ragazzi.
Il disagio giovanile presenta una prima tappa nella dispersione scolastica ovvero nell’interruzione del ciclo di studi e spesso può essere la porta d’ingresso al bullismo, alla violenza negli stadi, alle baby gang, alla microcriminalità e in alcuni casi ad organizzazioni criminali vere e proprie.
L’abbandono scolastico non è più solo dovuto a un degrado sociale, a un disagio economico o a una povertà culturale, quanto ad una scarsa motivazione per, ad esempio, una ridotta preparazione di base; a metodi d’insegnamento alcune volte inadeguati; ad una mancanza di un obiettivo ben chiaro. Tutto questo si traduce in un’irregolarità nelle frequenze, in ritardi, non ammissioni all’anno successivo, ripetenze, interruzioni.
La dispersione scolastica è ridotta alle elementari e alle scuole medie inferiori, mentre assume un aspetto significativo nelle scuole medie superiori, particolarmente nel primo anno di corso.
I ragazzi molto spesso si lamentano dell’inutilità dello studio. Non hanno le idee ben chiare sul perché si studi una materia invece di un’altra e a che cosa essa possa servire nella vita. C’è una mancata preparazione degli studenti ad affrontare un livello di studi superiore, particolarmente nel passaggio da un ciclo ad un altro, fase molto delicata nella vita dei ragazzi in quanto richiede un avvicinarsi a nuovi contenuti e a modalità didattiche differenti. Essi, inoltre, vengono a contatto con un nuovo gruppo di compagni e un nuovo corpo docente con la possibilità di trovarsi di fronte a difficoltà relazionali e di apprendimento a causa di contrasti che potrebbero insorgere con alcuni docenti e compagni.
Nasce così l’insofferenza, la demotivazione, la ribellione con conseguente desiderio di abbandonare gli studi.
Gli studi rappresentano la possibilità di una propria realizzazione personale, ma spesso ci si trova di fronte a standard e obiettivi formativi non all’altezza del contesto in cui i ragazzi si trovano di fronte.
La difficoltà a mantenere il passo nello studio e a soddisfare le richieste dei professori può indurre i giovani ad avere una percezione d’incapacità nello studio e questo lo si può riscontrare nei licei e negli istituti magistrali i cui ritmi di studio e il carico di lavoro sono alquanto rilevanti. A questo si aggiunge la mancanza di un corretto metodo di studio che dipende non solo dallo studente ma anche dal disorientamento in cui si può trovare a causa dell’elevato numero di professori e del loro diverso metodo d’insegnamento.
Anche le famiglie svolgono un ruolo fondamentale nella demotivazione allo studio in quanto esse danno uno scarso sostegno e sono poco coinvolte nella vita scolastica dei loro figli. Le elevate aspettative da parte dei genitori possono determinare l’insorgenza, particolarmente nei ragazzi liceali, di ansie e senso d’inadeguatezza. Questo atteggiamento risulta avere un’influenza negativa sull’autostima dei ragazzi, sulla loro capacità di farcela negli studi con conseguente percezione di fallimento. I genitori, in questo caso, dovrebbero avere un atteggiamento più costruttivo e responsabilizzante nei confronti degli insuccessi scolastici in modo tale che i ragazzi possano porsi più positivamente e senza alcun timore di fronte alle difficoltà.
Cosa fare?
I giovani hanno bisogno di una visione più chiara del loro futuro, una maggiore certezza di quello che è il passaggio dal mondo della scuola a quello del lavoro. Sarebbe opportuno creare un’armonizzazione tra la scuola, il mondo lavorativo e le richieste di mercato. Avvicinare i ragazzi al mondo del lavoro durante il percorso scolastico renderebbe più concreta la valenza occupazionale della scuola portando ad una maggiore motivazione allo studio e ad arginare la dispersione scolastica: in questo modo essi hanno la possibilità di avere aspettative (cosa vuoi, cosa ti aspetti dagli altri (compagni,docenti, genitori), dalla frequenza di questa scuola, dalla studio di questa disciplina; cosa pensi che gli altri (insegnanti, compagni, genitori) si aspettino da te) e obiettivi ben chiari. In questo caso si alimenta la motivazione estrinseca che nasce dall’interesse spontaneo, dal desiderio di conoscenza proprio, dal voler dimostrare a se stessi di saper fare bene una certa attività, dal sentirsi stimolato dalle difficoltà.
Altro fattore fondamentale per incrementare la motivazione allo studio è la gestione della classe da parte dei docenti. Numerose ricerche hanno dimostrato che gli insegnanti che sono in grado di ottenere un’alta qualità nelle relazioni interpersonali con i loro studenti hanno meno problemi disciplinari, maggiore rispetto delle regole e meno dispersione. Questi risultati si ottengono grazie ad una comunicazione non verbale che è alla base di una conduzione assertiva, che consiste nell’impostare una relazione positiva con gli studenti con un approccio coinvolgente, utilizzando il corpo per comunicare: contatto oculare, gestione dello spazio (prossemica), mimica facciale, postura, gestualità e respirazione.
I docenti devono essere però anche supportati dai genitori per quanto riguarda la prosecuzione allo studio, ingenerando nei ragazzi la convinzione che la scuola non è un’istituzione sterile, ma operativa e funzionale al mondo del lavoro degli “adulti”. Anche in questo caso la collaborazione scuola/famiglia è essenziale per il benessere degli alunni/figli.
Bisogna agire insieme per il benessere e il successo formativo dei giovani eliminando il problema dell’abbandono scolastico ed il possibile proseguimento sulla strada del rischio di devianza, rafforzando i giovani dal punto di vista cognitivo, relazionale, emotivo affinché si trovino a proprio agio nei diversi ambienti di vita in cui saranno inseriti.