Un metodo per la risoluzione dei conflitti: il circle time

Di Terry Bruno, psicoerapeuta e formatrice PNL
Pubblicato su “Tuttoscuola” maggio 2006, n. 462

La scuola è un luogo che è sede d’incontro tra persone differenti che, come tali, presentano motivazioni e aspettative diverse che possono portare all’insorgenza, spesso inevitabile, di scontri e conflitti.
Il conflitto fa, senz’altro, parte di un processo di crescita, d’individuazione, di differenziazione dei ragazzi, ma proprio per questo porta all’insorgenza di dinamiche che si manifestano nell’ambito scolastico a causa delle diversità di esperienze.
L’insegnante, certamente, non può risolvere da solo queste problematiche, ma il non affrontare i conflitti e le possibili conseguenze sarebbe uno sbaglio.
La collaborazione della famiglia sarebbe di notevole aiuto per affrontare e risolvere insieme i conflitti.
Ma in attesa che il tutto si possa esplicare in un clima di armonia e collaborazione è opportuno avere a disposizione degli strumenti che possano aiutare l’insegnante a districare questa matassa.
Nascondere il problema è spesso la causa dell’esplosione di alcuni fenomeni di violenza e aggressività, per cui sarebbe opportuno costruire un modello di comportamento non violento che si basi sul:

Saper riconoscere non solo la violenza dell’altro, ma anche la propria. La non consapevolezza della propria violenza può portare ad essere in difficoltà nella risoluzione di conflitti possibili. Bisogna tener presente che la violenza non deve essere confusa con la collera che può sorgere come reazione ad una frustrazione che può portare al desiderio di una affermazione di sé, ad un’autostima che può portare a processi equilibrati e positivi. Spesso questi comportamenti violenti sono la conseguenza di un non riconoscimento di sé, di non espressione dei propri bisogni e di una non gestione di emozioni.

Sapersi mettere nei panni degli altri, vedendo le cose da un altro punto di vista, e nel saper creare un’empatia in modo da condividere le esperienze emotive dell’interlocutore, facendolo sentire a proprio agio.

Preferire la cooperazione e la creatività alla competizione e alla metodicità. Saper cooperare significa saper circoscrivere i problemi, isolarli e affrontarli insieme e non singolarmente.

Concretamente come si può tradurre tutto questo?

Adottando dei comportamenti e delle metodiche concretre come:

  • Progettare: cioè ideare, costruire, ipotizzare e non accettare quello che gli altri hanno deciso subendo la loro decisione;
  • esplorare: osservare, cercare ciò che è utile per la formazione di una nuova rappresentazione di sé e degli altri, senza stare ad aspettare che gli altri facciano o decidano;
  • fare: produrre, realizzare, senza stare lì a guardare quello che gli altri fanno provando un senso di esclusione;
  • comunicare: chiedere, ascoltare, parlare e non tacere, favorendo, così, l’insorgenza di barriere;
  • negoziare: trattare, delimitare, creare punti di condivisione e non combattere;
  • creare con l’immaginazione: mantenere attiva la fantasia è una condizione indispensabile, molto più utile della ripetizione;
  • verificare: controllare, accertare, ha molto più valore del dimenticare e dell’ignorare.

Alla luce di queste considerazioni, ciò che può aiutare l’insegnante a realizzare tali comportamenti è l’utilizzo di una metodica che tocca l’area psicoemotiva del bambino. Parliamo del circle time, dall’inglese “tempo del cerchio”, in cui tutti i membri della classe si riuniscono per affrontare un argomento o un problema che può essere stato proposto dagli alunni o dall’insegnante. Il docente funge da facilitatore, cioè sollecita, sostiene, vigila. I bambini stessi si danno regole riflettendo ogni volta sull’andamento della seduta. Sia l’insegnante che i bambini imparano ad adeguare i loro comportamenti per rendere possibile una comunicazione positiva e costruttiva, per realizzare il confronto e la tolleranza, creando un clima collaborativo.
Sarebbe interessante effettuare tale metodica una o due volte la settimana (con riunioni straordinarie in caso di eventi particolari), fissando il giorno e la durata massima della discussione (20-30 minuti), con delle regole ben determinate accettate dalla classe (non interrompere chi parla, accettare qualsiasi punto di vista, non esprimere giudizi, non criticare).
La disposizione in cerchio è fondamentale per garantire una comunicazione circolare che coinvolga direttamente tutti gli alunni e l’insegnante.
Se gli argomenti sono più di uno si possono mettere ai voti le proposte, evidenziando le priorità, si valorizza, così, ogni contributo evitando possibili frustrazioni.
È opportuno ricordare che lo scopo del circle time è quello di favorire la conoscenza reciproca, di comunicare e collaborare imparando a stare in gruppo, ma soprattutto imparare a rispettare l’altro e la diversità. S’impara, inoltre, ad effettuare un ascolto attivo, in cui non c’è giudizio, si parla a turno e si accettano tutte le opinioni, senza aver paura di parlare. Infine si apprende a risolvere un problema senza la necessità che ci siano vincitori o perdenti.

Facciamo un esempio:
Insegnante:
«Vedo che siete molto contenti di questa disposizione a cerchio».

Alunno:

Insegnante:
«Ci siamo messi così perché si parla meglio e nessuno volta le spalle ad altri. Ci possiamo guardare tutti negli occhi. Se vi piacerà ci riuniremo per 20/30 minuti due volte la settimana parlando liberamente di un argomento da voi proposto».

Dopo una pausa di qualche minuto, osservando la reazione dei bambini l’insegnante continua:
Insegnante:
«Essendo oggi la prima volta propongo io un argomento, in seguito sarete voi a farlo. Che ne dite se parliamo di come rendere più accogliente la nostra aula? Dite quello che vi viene in mente senza timore, qualsiasi idea anche se la ritenete assurda. Nell’arco di 20 minuti daremo libero sfogo alla vostra fantasia e registreremo ogni idea e vedremo quale potrà essere realizzabile».

Alunno:
«Potremmo disporre i banchi in cerchio».

La classe:
«Si, è bellissimo vedersi in faccia».

Insegnante:
«Cos’altro proponete?».

Alunno:
«Mettere dei fiori».

Altro alunno:
«Mettere delle carte con vari fiori».

Altro ancora:
«Carte con fiumi e monti».

E così via… i bambini incominciano a parlare insieme.
Insegnante:
«Quando parlate tutti insieme non si capisce nulla, poniamo una regola».

Alunno:
«Alziamo la mano e aspettiamo il proprio turno».

Altro alunno:
«Se un bambino parla mentre un compagno sta parlando mandarlo fuori».

Altro ancora:
«A me non piace punire sono d’accordo di alzare la mano per poter parlare».

Continuando la discussione, l’insegnante può concludere:
Insegnante:
«Bene, io direi di concludere. Abbiamo tante idee e vedremo quali potremo realizzare».

Questo è un esempio di circle time in cui ciò che risulta molto interessante non è tanto l’argomento, quanto la conduzione da parte dell’insegnante e l’interazione tra i bambini. La maestra non ha un atteggiamento direttivo ma ha un ascolto attivo, facilitando la comunicazione insegnante-alunno e alunno-alunno. Spesso sono gli stessi bambini ad aiutare un proprio compagno in difficoltà nella risoluzione di un problema.
Nel caso di bambini un po’ più grandi si può sperimentare il “doppio cerchio”, in cui uno dei due cerchi è costituito da bambini che osservano tutti gli altri; poi i dati di osservazione vengono discussi all’interno di tutta la classe, in modo da prendere atto delle proprie modalità di partecipazione e, quindi, avere la possibilità di migliorarle.
L’affrontare il problema e risolverlo insieme permette di favorire l’instaurarsi di comportamenti adeguati e di eliminare il più possibile quelli inadeguati e tutto questo favorisce un inserimento migliore nel mondo delle relazioni interpersonali, sulla base dell’accettazione di sé, del rispetto dell’altro e della collaborazione comune.