La sofferenza al centro della relazione Manifesto degli amori impossibili

Autore Dott.ssa Terry Bruno, pubblicato in “la 27esima ora” – Corriere della sera, il 13 maggio 2015

«Io ti amo e voglio stare con te. Punto. Anche se, nell’ordine: mi hai appena lasciato, sei sposato/a, hai cinquLa-principessa-e-il-ranocchio-465x258e figli neonati, vivi dall’altra parte del mondo e né tu, né io abbiamo possibilità di trasferirci, ti sei votato/a alla castità per motivi religiosi o privati, ti sei appena fidanzato/a con la donna /l’uomo dei tuoi sogni. E soprattutto anche se non mi ami e preferiresti farti amputare una mano e anche tutt’e due piuttosto che vivere con me». È il «manifesto programmatico» delle persone incappate nei classici amori impossibili. Che più sono fuori dal mondo e da ogni eventuale ragionevolezza, più attirano e si fanno irresistibili. Ed è vero che capitano a tutti, ma ho buoni motivi per ritenere che le vittime predestinate di situazioni del genere, al limite dell’autolesionismo, siano le donne.

Ma perché e come nasce «tecnicamente» un amore impossibile?

Ne parliamo con Terry Bruno, psicoanalista e sessuologa: «Sì, che un rospo si trasformi in principe accade solo nelle favole e nei film di Walt Disney, ma nella mera realtà risulta essere pressoché impossibile. Ma quando c’è di mezzo l’amore, sentimento che spesso ottenebra la mente e ci fa diventare come marionette nelle mani altrui, si tende a pensare che la situazione avversa possa magicamente cambiare, se si persevera nei propri intenti e nella propria dedizione». Ma non solo: «Secondo qualcosa di più razionale e scientifico, come la statistica, la probabilità che un evento possa realizzarsi è data dal rapporto tra il numero di successi e il numero di prove effettuate. Ognuno di noi sa che s’impara dalle proprie esperienze, dai propri errori, ma tutto sembra svanire quando l’emozione, il sentimento, s’impadroniscono di noi. La razionalità, la cautela, l’osservazione attenta degli avvenimenti passano in secondo piano, lasciando il posto all’impulsività, all’ingenuità e all’illusione, che plasmano la realtà a immagine e somiglianza dei nostri desideri».

Quando si dice «perdere la testa», insomma. Ma c’è di più, qualcosa di più profondo e doloroso: «In questo tipo di amore – prosegue Terry Bruno – si tende a idealizzare l’altro che, pur fuggendo, non fa altro che rendere sempre più forte il legame e la voglia di ricostruire il rapporto convogliando tutte le proprie energie verso il raggiungimento del proprio obiettivo. E così la parola “passione” si sovrappone a quella “impossibile”. Si giunge al punto di pensare che la propria esistenza sia vincolata a quella dell’altro: “Io esisto perché tu sei accanto a me. Senza di te la mia vita non ha senso”. Il tutto viene acuito quando ci si vede soppiantati, sostituiti da un altro/a. La frustrazione, la rabbia offuscano allora la mente, annientando ogni logica che viene sostituita dall’ossessione. Il senso di malessere si può manifestare con sbalzi di umore, insonnia, stati depressivi, carenza di appetito che accentuano la non accettazione della realtà». È capitato a tutti, capita ogni giorno alle persone che conosciamo, che abbiamo vicino. «Sì, è così: sono quegli amori difficili, non corrisposti, oggetto di tanti romanzi e trame di film, che presentano incognite che sembrano non risolversi mai. Nel momento in cui si pensa che finalmente qualcosa stia andando per il verso giusto, ecco che si presenta un nuovo problema e il mondo ti riprecipita addosso. Nonostante questo, si persevera, si continua a sperare che qualcosa possa cambiare e ogni piccolo passo che l’altro/a fa, quando meno te lo aspetti, fa sciogliere ogni dubbio sulla storia che appare, agli occhi degli altri, ingarbugliata, con piccole crepe che potrebbero ingigantirsi da un momento all’altro».

Anche se forse è vero che andrebbe fatta una distinzione fra gli amori impossibili vissuti, magari solo occasionalmente o part time, e quelli che impossibili lo sono fino in fondo perché non sono mai stati consumati. Forse se un amore in qualche modo lo si è «avuto» in certi casi è pure peggio, perché i ricordi fanno male. Ma magari proprio da lì, e so che succede, si può ripartire. Solo dopo aver toccato il fondo. Dopo ci può essere solo una risalita: lenta, dolorosa, ma salvifica.

Sono certa che in tante, tantissime, si riconosceranno nei «sintomi» e nei malesseri descritti. Ma per la psicanalista non è solo un fenomeno «femminile»: «No, può riguardare entrambi i sessi. Sono reazioni che vivono uomini e donne che non riescono ad affrontare la realtà e che vogliono a tutti costi che il proprio amore si realizzi o non finisca. Purtroppo molto spesso cuore e mente non vanno di pari passo, ma anzi in due direzioni opposte. Ci sono uomini e donne che, per una serie di circostanze, vivono nella loro vita storie d’amore in cui arrivano ad annullarsi, sino a rovinarsi l’esistenza. In molti casi ci sono donne attratte da storie “difficili” in cui sembra che la sofferenza sia l’elemento fondamentale nella relazione e che senza di essa non si potrebbe parlare di una vera e propria storia d’amore. Può sembrare incredibile, ma questo modo di pensare s’insinua gradualmente durante la crescita in base al tipo di affettività che si è (non) vissuta. La conseguenza, in tali casi, è l’accondiscendenza totale ai desideri altrui per paura di non essere accettati, non amati e peggio ancora rifiutati. Il partner viene così accudito senza anche ricevere nulla in cambio e magari in attesa di qualcosa che potrebbe avvenire».

È anche il caso, non infrequente, di chi pur di non essere abbandonata accetta anche violenze fisiche e psicologiche. «Perché in questi casi, come si dice in psicologia, c’è un vantaggio secondario. Benché si stia male e ci si senta annientati, si conosce la situazione e si pensa di saperla gestire; perché si vuole credere che sia stata l’ultima volta che si è verificato quel “problema”. La voglia di credere e di non affrontare il giudizio degli altri o il cambiamento che spaventa più del dolore, porta a chiudere gli occhi e a distorcere la realtà. Ma c’è anche la voglia di non accettare che quell’amore in cui si era creduto e che si credeva potesse essere eterno, possa essere finito». Cosa fare in questi casi, come spezzare il cerchio negativo? Forse l’unica è farsi aiutare da un terapeuta: «Sì, qualcuno che possa accogliere il fiume di racconti e di emozioni senza alcun giudizio, per poter guidare verso una diversa visione della realtà e poter quindi placare quel dolore così profondo che sconfina oltre l’incredibile e l’impossibile».

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