Anche Spiderman è stato un adolescente. E piace di più

“Spiderman Homecoming” in vetta ai botteghini col super eroe tra i banchi di scuola. Un racconto di formazione in cui gli adolescenti hanno la possibilità d’identificarsi ancora più facilmente. Le problematiche scolastiche, i primi amori, la difficoltà di comunicazione con gli adulti. La psicoterapeuta Terry Bruno ci racconta le chiavi del successo nella sua rubrica per fare “terapia in sala”…

Spiderman

È in sala e in vetta ai botteghini un nuovo “capitolo” della saga del super eroe nato nella scuderia a fumetti della Marvel: Spiderman Homecoming.

Un film diverso dai precedenti dell’Uomo Ragno a partire dai presupposti: il cambiamento della società, dovuta non solo all’evoluzione naturale, ma soprattutto alla presenza dei supereroi che influenzano il modo di vivere e di agire di ognuno.

Tutto questo è percepibile già dalle prime scene, quando Adrian Toomes, interpretato da un bravissimo Michael Keaton, l’ex Batman, creerà armi e oggetti utilizzando parte della tecnologia aliena e diventerà l’Avvoltoio. Questa sua trasformazione è la conseguenza di un’ingiustizia subita in campo lavorativo, quando gli viene tolto un appalto utile al suo benessere economico e dei suoi dipendenti.

Egli quindi si adegua a un mondo diverso, in cui la presenza dei supereroi ha portato a sognare e a prendere come esempio i loro comportamenti. Emblematica è la scena in cui i ragazzi in punizione a scuola, tra cui anche Peter Parker, Spiderman, devono seguire il video didattico tenuto da Capitain America.

Le ragazze, inoltre, speran di incontrare uno di loro e di essere oggetto dei loro sogni. Il cambiamento della società, di come i ragazzi siano influenzati dalla presenza di questi salvatori, viene messo in evidenza nelle prime scene, quando si vede un foglio con i disegni delle imprese degli Avengers, in mano a colui che diventerà l’Avvoltoio. Forse un disegno di sua figlia, che svolgerà una parte fondamentale nel film nel rapporto con lo “sfigato” Peter Parker.

Ed è proprio quello che dice Adrian Toomes a dare l’idea del cambiamento: “Una volta noi disegnavamo indiani e cowboy”, periodo completamente diverso, dove i cowboy erano gli eroi di un tempo, ormai soppiantati dai personaggi che lanciano martelli  contro i cattivi, che scagliano ragnatele o che fanno barriere contro i nemici con i loro scudi.

Una cosa però non è cambiata: la trasmissione dei valori, cioè il trionfo del bene contro il male, il rispetto della vita altrui e il rinunciare a qualcosa di importante pur di salvaguardare il mondo dalla sua possibile distruzione. Quest’ultimo aspetto lo ritroviamo in cui Peter riesce finalmente ad andare al ballo con la ragazza di cui è innamorato, ma una volta giunto deve fare una scelta: rimanere lì e perseguire il suo sogno o combattere l’Avvoltoio e sconfiggerlo definitivamente. La rinuncia a ciò che perseguiva da tempo gli costerà moltissimo, ma nella vita ognuno di noi alcune volte deve rinunciare a qualcosa di molto caro per qualcos’altro di importante.

Spiderman Homecoming, si potrebbe considerare un film di formazione, in cui gli adolescenti hanno la possibilità d’identificarsi. Ritroviamo le problematiche scolastiche e dei primi amori, la difficoltà di comunicazione con gli adulti, con le ragazze e viceversa, le aspettative verso coloro che diventano oggetto dei desideri, la voglia di possedere risorse che si pensava di non avere, le denigrazioni effettuate dai pari per invidia o per competizione.

Tutti questi temi sono abilmente descritti. Un esempio?  L’amico cicciotto che, una volta scoperto chi è Spiderman, gli sarebbe piaciuto essere colui che, seduto su una sedia, è di ausilio al supereroe. Egli pensa di non essere in grado di poterlo fare, ma nel corso del film, si ritroverà ad essere fondamentale nella lotta al crimine proprio seduto su una sedia. In pratica proprio mettendosi in gioco scoprirà le sue risorse, presenti in lui ma mai lasciate libere di emergere. E voi sapete quali sono le vostre risorse? Forse è arrivato il momento di mettervi in gioco.

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