Scopri il responsabile delle tue decisioni

Continua la serie di approfondimento della PNL: i metaprogrammi

Psicologia-PNL di Terry Bruno

Analizziamo la dinamica delle decisioni che prendiamo, la cui origine è spesso inconscia. Molte scelte sono fatte per essere approvati dagli altri.

Decidere, un verbo apparentemente semplice e allo stesso tempo complicato. Ogni giorno siamo indotti a prendere decisioni, dalle più semplici alle più difficili. Alcune volte le prendiamo consciamente, ma molto spesso lo facciamo inconsciamente. Esse possono influenzare i nostri rapporti, il nostro lavoro, la nostra vita. Possiamo bloccarci davanti a una presa di posizione e allora cerchiamo di rimandarla, di evitarla, e non ci rendiamo porte.Foto-di-Arek-Socha-da-Pixabayconto che anche in questo modo stiamo prendendo una decisione.

Cosa ci spinge a rimandare?

La paura di sbagliare, di non prendere una decisione giusta. In realtà non esiste una scelta giusta o sbagliata, ma è la nostra percezione a influenzarci. Questo dipende dalle caratteristiche personali, dalle proprie capacità, e anche dal modo in cui noi prendiamo le informazioni utili per il nostro obiettivo, cioè se facciamo riferimento a ciò che proviamo e pensiamo o se invece ci lasciamo influenzare da pareri esterni.

Per capire meglio il nostro modo di agire possiamo fare riferimento ai Metaprogrammi, programmi inconsci che noi utilizziamo per filtrare le informazioni e quindi prendere decisioni, motivarci, etc. Usiamo il termine “Meta”, per indicare programmi che si collocano al di sopra di altri programmi, nel senso che guidano e dirigono altri processi di pensiero. Essi sono alla base delle nostre abitudini comportamentali.

Il bisogno di approvazione

Avete mai notato come alcune persone per poter fare una scelta hanno bisogno di un feedback esterno, mentre per altre basta ciò che sentono e pensano? Prendiamo due persone che suonano il piano. La prima esegue la sua performance e alla fine è soddisfatta della sua prestazione e i complimenti che riceve sono una conferma di ciò che pensava.
La seconda realizza perfettamente la sua esecuzione ma ha bisogno di ascoltare gli applausi per potersi convincere che tutto sia andato bene.

La prima appare sicura di sé ma, a volte, relazionarsi con lei è un po’ complicato perché agisce come se sapesse già come dovrebbe andare una cosa. La seconda appare più incerta, ma flessibile, perché ascolta i consigli degli altri e si affida a loro per poter scegliere anche i brani da eseguire. Questa differenza si basa su dove esse pongono l’attenzione e il controllo del loro comportamento.

Il metaprogranma del referente

Esse utilizzano un differente metaprogramma che definiamo Referente interno o esterno: per una conta solo quello che pensa e sente (interno), mentre l’altra ha bisogno del parere di qualcuno (esterno), che dica come è andata. Certamente ognuno di noi ha diversi modelli mentali, e può usare sia il referente interno che esterno a seconda delle situazioni. Si può essere, ad esempio, referente interno sul lavoro ed esterno in famiglia.

Il Referente interno portato all’eccesso può determinare una sorta di disinteresse suoi confronti dei pareri altrui e se le opinioni sono diverse dal proprio modo di vedere, le rifiutano. Può prendere informazioni

Foto di Daniel Robert Dinu da Gigxels
Foto di Daniel Robert Dinu da Gigxels

dall’esterno, ma alla fine decide per conto proprio. Fate attenzione: mai dirgli cosa deve fare. Se qualcuno gli dà un feedback negativo non mette in discussione se stesso, ma chi lo ha espresso, quindi ha difficoltà ad accettare le critiche.

Il Referente esterno, privo di una guida esterna, può sembrare disorientato e avere difficoltà a iniziare o portare a termine un compito. Non confondete il suo bisogno di complimenti, come vanità. Essi non sono altro che un modo per capire se il mondo, o la persona che in quel momento è il suo punto di riferimento, approva la sua scelta o il suo comportamento. È però facilmente influenzabile, ma molto flessibile anche di fronte alle critiche.

Comportamento e rilascio di dopamina

Quando si è piccoli in genere si usa il metaprogramma referente esterno, perché si fa riferimento ai genitori, insegnanti. Durante l’adolescenza si incomincia a sperimentare la propria referenza, passando però prima da quella del gruppo dei pari: infatti gli adolescenti impiegano almeno due ore prima di decidere dove andare. Potremo dire che abbiamo un misto delle due referenze.

Da un punto di vista neurofisiologico, si sa che una ottima scelta o decisione dipende dalla produzione di dopamina, per cui chi ha un metaprogramma interno produce dopamina autonomamente, mentre chi utilizza quello esterno ha necessità di uno stimolo esterno per scatenare la produzione di dopamina. Anche situazioni di paura inducono ad aumentare la referenza esterna. Comunque questo meccanismo interno ed esterno si rafforza in ogni situazione.

Come capire se il referente è interno o esterno
Per capire se un soggetto ha uno schema interno o esterno, si può chiedere:
♣ “Come fai a sapere se hai fatto un buon lavoro?”
♣ “Come fai a sapere che hai comprato la casa/l’auto giusta?”
♣ “Di quali informazioni hai bisogno per decidere?”

Dalle risposte possiamo avere le informazioni per capire chi abbiamo di fronte ma anche come noi decidiamo. Se la risposta è:
♣ “Lo so, e basta!”, ci troviamo di fronte a un Referente interno;
♣ “Lo valuto in base ai risultati”, Referente interno;
♣ “Se il capo mi dice che va bene, allora ho la conferma di aver fatto un buon lavoro” Referente esterno;
♣ “Vedo cosa mi dicono gli altri” Referente esterno.

Come si comunica con persone con questi metaprogrammi?

Quando ci troviamo di fronte a persone con uno schema interno, occorre usare espressioni: “Dipende da te…”, “Sei libero di rispondere come preferisci…”, “Sei tu che devi prendere la decisione…”, “Che ne pensi

Foto di John Hain da Pixabay,
Foto di John Hain da Pixabay,

di…?”.
Esse parlano delle proprie idee, valori e convinzioni e usano spesso parole e frasi come: “Io…”, “Io penso che farò così…”, “Secondo me…”, “A mio avviso”, “Lo so e basta”, “Lo sento, mi dà una bella emozione”.

Con chi ha uno schema esterno, basta dire: “Ritengo che la cosa migliore sia…”, “Numerosi studi dicono che…”, “Si dice che questo prodotto sia buono…”.
Essi quando parlano difficilmente dicono: “Io penso che…”, ma piuttosto: “Tu dici allora che…”, “Le persone dicono…”, “I miei amici dicono…”, “Ho letto che…”, “Lo confermano le cifre…”.

Non aver paura di decidere, nel momento in cui lo farai ti sentirai libero

Tutti i metaprogrammi solo legati a un determinato contesto e alle abitudini.

Esempio, se fate una cosa da molto tempo o avete affrontato un evento positivamente, molto probabilmente il vostro indice referenziale sarà positivo, cioè contate su di voi e sulle vostre sensazioni.

Se invece vi accingete a fare qualcosa di nuovo, ebbene in questo caso è molto probabile che farete riferimento a quello esterno, per definire se, in quel contesto, il vostro agire è giusto o sbagliato.

Comunque vada, l’esplorazione di noi stessi e cosa ci porta a comportarci in un determinato modo è un aspetto meraviglioso della nostra vita.

Per saperne di più:
Philip Miller, “La cassetta degli attrezzi della PNL”, ed Amrita

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