La cultura occidentale è storicamente fondata sul dualismo cuore-cervello, emozioni-ragione, che ha dominato il pensiero scientifico, filosofico, economico per lunghi periodi storici. Nell’Illuminismo, così chiamato perché ispirato dai lumi della ragione, si asseriva che la ragione doveva illuminare le menti dell’uomo e condurli verso la felicità e il progresso. Solo in epoche più recenti si è ridimensionato il ruolo della razionalità dando un rilievo maggiore all’emotività. Lo sviluppo dell’intelligenza è inseparabile da quello dell’affettività che comporta curiosità, passione, fonti indispensabili della nostra armonia interiore. Parliamo d’intelligenza emotiva.
Già negli anni 40 è stato condotto un interessante studio sull’influenza delle emozioni su un centinaio di studenti che furono seguiti anche in età adulta. Questo studio dimostrò che non c’era una sostanziale differenza tra coloro i quali avevano superato brillantemente gli studi e coloro che invece avevano avuto votazioni mediocri nell’assicurarsi una vita soddisfacente lavorativa, relazionale e affettiva. Alla stessa conclusione si giunse più tardi con un’altra ricerca effettuata su 450 ragazzi in Massachusetts: ciò che determinava la differenza tra chi aveva un QI più alto e un QI medio – basso erano le abilità maturate durante l’infanzia, ad esempio la capacità di superare la frustrazione, controllare le emozioni e andare d’accordo con gli altri.
Le emozioni hanno un ruolo fondamentale ai fini della razionalità, guidano le nostre decisioni in ogni momento in stretta collaborazione con la parte razionale.
In pratica è come se avessimo due cervelli, due menti, due diversi tipi d’intelligenza: quella cognitiva/razionale e quella emotiva.
Gli insegnanti hanno la consapevolezza di come i turbamenti emotivi influenzino le capacità intellettive dei bambini e degli adolescenti. L’ansia, l’ira, la depressione sono tra le emozioni che maggiormente interferiscono sull’apprendimento, sull’attenzione e sui comportamenti relazionali in classe e fuori. Gli studenti che si trovano in questi stati d’animo hanno difficoltà di apprendimento perché non riescono né a ritenere le informazioni, né ad applicarle in modo proficuo. L’emotività può essere talmente forte da determinare un blocco della facoltà intellettiva che si manifesta con una scena muta ad un’interrogazione orale o la consegna in bianco di una verifica scritta. Ma la non gestione della propria emotività può portare all’insorgenza, anche, di episodi di teppismo, vandalismo e bullismo, che sono sempre più frequenti oggigiorno nelle scuole.
Ma quali sono le cause che spingono uno studente inconsciamente a fallire?
- Un “rumore mentale” costituito da un insistente dialogo interno che si manifesta con una vocina che non fa altro che dire: “Non ce la farò”, o “Non sono capace”, o “E se sbaglio?”, o “Non so niente”;
- un’immagine di se stesso che affronta l’interrogazione o una prova scritta in modo negativo;
- una sensazione che può avvertire a livello dello stomaco, dell’intestino (scariche diarroiche), del petto (respiro corto, tachicardia), della testa (continui mal di testa).
Questi punti diventano interferenze pressanti nell’espletare una verifica scritta o un’interrogazione per cui l’alunno, preoccupato di fallire, porrà meno attenzione alle risposte che dovrà dare. Si è di fronte alla cosiddetta “profezia autoavverantesi”, in cui non solo si predice una situazione disastrosa, ma anche ci si spinge verso essa.
L’ansia ha però anche una valenza positiva. Molti studenti, infatti, rendono meglio sotto stress in quanto stimolati a studiare di più per prepararsi e dare una buona prestazione. Come le emozioni negative possono intralciare la capacità di pensare, quelle positive, come l’entusiasmo e la fiducia in se stessi, possono potenziare tale capacità indirizzando il soggetto verso la realizzazione dell’obiettivo. Un leggero stato di esaltazione sembra essere lo stato ottimale per gli scrittori e per i soggetti impegnati in attività creative che richiedono un pensiero fluido e fantasioso.
Sembra che il buon umore sia importante nel favorire la capacità di pensare e creare, in quanto semplifica la soluzione di problemi e la memoria ne risente positivamente. Risulta, quindi, evidente l’importanza di creare un ambiente rilassante particolarmente se siamo di fronte ad un soggetto ansioso, come potrebbe essere uno studente, prima di un test.
Come è possibile attuare un tale cambiamento di stato d’animo?
- Sdrammatizzando la situazione distraendo l’attenzione del ragazzo su qualcosa d’interesse per lui, si crea così un rilassamento, per poi iniziare ad esempio la verifica.
- Creando delle situazioni di successo che possono prevenire l’ansia anticipatoria in modo che lo studente cominci ad acquisire la consapevolezza delle sue capacità nella risoluzione di problemi.
Numerose ricerche hanno dimostrato che emozioni positive come gioia e orgoglio aumentano se gli studenti affrontano positivamente compiti che diventano a mano a mano sempre più difficili. Dal completamento di un compito difficile deriva un senso di competenza che potenzia la motivazione a fare sempre meglio e aumenta la voglia di apprendimento.
Questo comporta:
- una maggiore voglia a dedicarsi a compiti più impegnativi e di portarli a termine;
- un’attenzione mirata all’osservazione di strategie più valide;
- una riduzione della paura di sbagliare e dell’ansia anticipatoria.
L’ottimismo è, quindi, un atteggiamento che impedisce al soggetto di sconfinare nella depressione e nell’apatia, con gravi conseguenze per il rendimento scolastico. Un’educazione e una conoscenza delle proprie emozioni può essere utilizzata positivamente per una migliore crescita psico-affettiva. Anche l’OMS (1994) ha avvallato il ruolo primario delle emozioni, in quanto inscindibili dal benessere personale e intellettivo dell’individuo.
Incanalare, quindi, le emozioni è fondamentale per il raggiungimento dell’apprendimento in modo da facilitare il pensiero cognitivo e trovare la motivazione che spinga ad insistere a provare nonostante gli insuccessi.